Roma, chiude Mas: da Pierino alla Cruz il megastore più amato dal cinema

Roma, chiude Mas: da Pierino alla Cruz il megastore più amato dal cinema
La scala mobile fuori uso, i quadri accatastati all'entrata, non c'è più traccia né del caotico popolo di Mas, né dei fasti di un tempo, i...

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La scala mobile fuori uso, i quadri accatastati all'entrata, non c'è più traccia né del caotico popolo di Mas, né dei fasti di un tempo, i lampadari di cristallo in stile asburgico-campano, le biancherie di lino pregiato che richiamavano le dame del secolo scorso. Nel palazzo in via dello Statuto costruito a fine 800, già negli anni 40 sorgevano i Magazzini Castelnuovo. Poi il nome cambiò durante il fascismo perché tradiva l'origine ebraica della famiglia dei proprietari, divenne Magazzini Roma, nel 1954 arrivò l'acronimo Mas, primo negozio a sperimentare la vendita a rate e la pubblicità. La sigletta Vieni da Mas era stampata sui 45 giri delle mamme, Mas era come un parco giochi. Poi vennero le pubblicità trash di Alvaro Vitali con berretto da Pierino (Becchete sta gattata!); il video musicale del rapper Piotta autore di Supercafone, anche un docu-film: The show Mas go on, presentato alla Mostra del cinema di Venezia di Ra Di Martino e Marcella Libonati, con la partecipazione gratuita di alcuni attori come Iaia Forte e Sandra Ceccarelli.


Perché intanto Mas aveva scavallato due secoli trasformandosi in grande magazzino popolare. Tra quegli scaffali i maggiori costumisti italiani hanno scelto abiti di scena per film di successo, per molto tempo si è affacciata Marisa Laurito, è rimasta cliente affezionata Nancy Brilli, si è aggirata Penelope Cruz. In passato anche Fabrizio Corona con foto annuncio ben in vista sul palazzo è stato usato per attirare clienti. E ancora, si annovera un calendario di nudi realizzato da Er Mutanda.

TRA SPOT TRASH E TRADIZIONE

Una svolta trash, sempre più a portata di tasche umili che non è servita a frenare la crisi. Di chiusure annunciate se ne contano almeno un paio, forse più. Va riconosciuto a Mas non aver finto né alzato il tiro, non aver cambiato rotta quando le dame sono sparite e il target è cambiato per sempre. Forse il colpo di grazia è arrivato con le catene commerciali giovanili e alla moda, non sono bastati i romani che per tradizione e folklore continuavano a darsi appuntamento lì, fuori o dentro era uguale. «Era un mito, l'ultimo baluardo della romanità più genuina», scrivono i fan su fb. «Per fortuna gli Artisti Innocenti e altri artisti di tutte le nazionalità lo faranno rivivere con le loro opere e performances».
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Il Messaggero