«Si è preferito andare dal notaio, segno di una politica che discute e decide fuori dal contesto democratico. Una totale assenza di rispetto per gli elettori. Ho chiesto di...
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Così ha esordito Ignazio Marino, durante l'ultima conferenza stampa da sindaco di Roma.
«Abbiamo chiuso parentopoli, abbiamo rimosso i camion bar, i tavolini abusivi. Abbiamo chiuso Malagrotta in 90 giorni. Abbiamo aperto la metro C. Roma è di nuovo fra le grandi capitali del mondo».
«È una crisi politica che non capisco - ha continuato Marino - Non ho capito quali siano gli errori che mi rimproverano. Ce ne saranno di certo, ma in chirurgia si dice che l'unico chirurgo che non sbaglia è quello che non entra mai in sala operatoria. Avrei parlato e risposto a tutti, anche al Partito Democratico, che oggi mi ha deluso per i comportamenti dei suoi dirigenti, che hanno rinunciato ad agire nei limiti della democrazia rinnegando il suo nome e il suo dna».
«All'assemblea capitolina avrei chiesto di continuare ad agire nelle istituzioni e non di servirsi delle istituzioni per i propri vantaggi», ha detto ancora Marino, «Ho sempre lavorato tanto, ma mai con l'intensità con cui ho affrontato questo ruolo. Ho affrontato la resistenza dei poteri che a Roma sono stati sempre abituati a fare quello che volevano. Ringrazio chi, votando, ha permesso questo percorso di cambiamento. Ringrazio gli assessori, i presidenti di municipio, i consiglieri che hanno creduto in questo cambiamento. Auguro buon lavoro al commissario, che di lavoro ne avrà tanto».
Marino, visibilmente emozionato, ha quindi concluso: «In gioco non c'è il futuro di Ignazio Marino. In gioco c'è il futuro di Roma. Si può uccidere una squadra, ma non si possono uccidere le idee».
Rispondendo ai cronisti, Marino ha sottolineato: «Sono stato accoltellato da dei parenti. Ci sono 26 nomi e un unico mandante. Con Renzi non ho avuto un rapporto turbolento, da un anno a questa parte non ho avuto alcun rapporto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero