Arrivano le prime condanne per l'inchiesta "Labirinto" che lo scorso luglio aveva portato 24 persone dietro le sbarre e ai domiciliari. L'indagine romana,...
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Degli undici imputati che sono già stati mandati a giudizio, sei hanno scelto di essere processati con rito abbreviato. La pena più alta è per Alberto Orsini, considerato una delle menti dell'organizzazione, insieme a Raffaele Pizza, che verrà invece giudicato in ordinario. Orsini, commercialista, è stato condannato a 6 anni per associazione per delinquere, evasione fiscale e riciclaggio. Il meccanismo ricostruito dal pm parte dal 2009 e avrebbe consentito agli imputati di controllare, attraverso consorzi costruiti ad hoc, l’assegnazione di commesse a sei zeri.
Per la procura capitolina, le grandi società avrebbero dato in subappalto alle cartiere, gestite da Orsini e Pizza, una parte dei lavori. Con una serie di fatture per prestazioni inesistenti, gli imputati sarebbero riusciti a far lievitare i costi. I soldi, poi, sarebbero tornati ai sodali, spesso in contanti, per creare fondi neri. Le accuse, a seconda delle posizioni, vanno dall’associazione per delinquere al riciclaggio, alla truffa, fino all’appropriazione indebita, al finanziamento illecito dei partiti, alle false fatturazioni e al traffico di influenze. E' stato condannato anche Alessandro Benedetti, che dovrà scontare 4 anni e 8 mesi. La stessa cosa vale per Marco Norcini, che ha avuto 3 anni e 4 mesi. Per Maurizio Lanari sono stati disposti 2 anni di reclusione solo per reati tributari. Il fratello di Orsini, invece, dovrà scontare 2 anni e 8 mesi. Fabrizio Marsili, infine, è stato condannato a un anno e 2 mesi.
Nelle carte della procura si legge che i fratelli Orsini, Pizza, Benedetti, Norcini e altri, avrebbero fatto parte di «un'associazione per delinquere avente lo scopo di commettere più delitti di frode fiscale, riciclaggio, truffa aggravata ai danni di enti pubblici, corruzione anche al fine di influire su processi decisionali della pubblica amministrazione in materia di aggiudicazione di appalti, costituendo e gestendo, anche mediante prestanome, quindi occultamente, numerose società commerciali utilizzate per emettere fatture per operazioni inesistenti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero