Roma, Ayelet Tsabari presenta "L'arte di partire" al Dram: viaggio in Medioriente nel mondo mizrahi

Roma, Ayelet Tsabari presenta "L'arte di partire" al Dram: viaggio nel mondo mizrahi
Cosa distingue un viaggiatore da un turista? E' un po' manuale e molto autofiction il libro "L'arte di partire" di Ayelet Tsabari (Nuova editrice Berti,...

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Cosa distingue un viaggiatore da un turista? E' un po' manuale e molto autofiction il libro "L'arte di partire" di Ayelet Tsabari (Nuova editrice Berti, 2021, 300 pagine). È stato presentato a Roma, in presenza e con la scrittrice di Tel Aviv, al Dram boat giovedì: un barcone sul Tevere, famoso per le sue belle jam session, non poteva essere migliore per accogliere un volume scritto in inglese, come ogni standard jazz, e racconta una storia che ha lingue e inflessioni lontanissime da quell'idioma. Come gli assoli jazz. 

È un memoir composto nel corso di dodici anni; il racconto di Tsabari (classe 1973) comincia dall'infanzia in Israele, dove è nata da una numerosa famiglia di origine yemenita. E perciò mizrahi, termine che si riferisce alla comunità di ebrei di origine orientale proveniente da paesi arabi come Iraq, Marocco, Tunisia, Libia, Egitto, Siria, e appunto Yemen. Diversi dagli ashkenaziti, che sono gli ebrei di origine europea. Questo libro è una variante tutta israeliana dei temi globali dell'inclusione e la diversità che hanno mosso movimenti come il Black Lives Matter negli Stati Uniti. Molto di quello che si tende a separare e a dividere, a etichettare a queste latitudini, in questo libro è mescolatissimo. 

Si parte dall'infanzia, poi c'è la morte del papà che aveva solo 40 anni e che aveva sogni da scrittore, anche lui. E scriveva le sue poesie in ebraico, che era sì la sua lingua madre, ma non la lingua di sua madre. I nonni yemeniti di Tsabari parlavano un dialetto arabo-ebreo-yemenita usato molto raramente oggi, e quasi scomparso. Nelle conversazioni riportate nel libro con savta (la nonna), le risposte che riceve Ayelet sono in arabo. Come in prestito (o in soccorso?) dalla lingua araba vengono parole, ricette di cucina, pose, modi di fare (non c'è mai la traduzione di freha, ad esempio, e prima che qualcuno ne chieda l'abolizione perché si intuisce essere un vocabolo urticante e offensivo, i lettori italiani lo possono esplorare attraverso diverse pagine. Pagine in cui si parla anche di Ofra Haza, la cantante mizrahi che, nel 1983, vincerà il secondo premio all’Eurovision Song Contest con "Hi" )

Nel racconto ci sono i viaggi, quelli lunghissimi che durano un anno e più, che fanno gli israeliani dopo il servizio militare, l'arrivo a New York, l'India, la Thailandia e il Canada (Vancouver nella foto qui sotto) dove si stabilisce, inizia a scrivere in inglese, e diventa madre.

Questo è il suo secondo libro; arriva dopo la raccolta di racconti "Il posto migliore del mondo" che ha vinto il Sami Rohr Prize for Jewish Literature nel 2015 ed è stato il New York Times Book Review Editors’ Choice del 2016. L'italiana Nuova Editrice Berti è stata la prima a tradurlo dall'edizione originale (canadese), successivamente al premio si sono moltiplicate le edizioni: dalla Random House americana alle edizioni ucraina, israeliana, e la traduzione in arabo. 

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Il Messaggero