Roma, incidente in metro nel 2006: il macchinista condannato a 5 anni

Roma, incidente in metro nel 2006: il macchinista condannato a 5 anni
Un solo colpevole, secondo il tribunale di Roma, per l'incidente avvenuto in una stazione della metropolitana il 17 ottobre del 2006 che causò la morte di una donna,...

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Un solo colpevole, secondo il tribunale di Roma, per l'incidente avvenuto in una stazione della metropolitana il 17 ottobre del 2006 che causò la morte di una donna, Alessandra Lisi, giovane ricercatrice universitaria residente in provincia di Frosinone, ed il ferimento di 452 persone. Si tratta di Angelo Tomei, macchinista del convoglio che tamponò il treno fermo alla stazione Vittorio Emanuele e che rimase a sua volta ferito. Cinque anni di reclusione: questa la pena che la prima sezione gli ha inflitto oggi. 

Assolti, per non aver commesso il fatto, tre dirigenti, all'epoca dei fatti, della Metropolitana: Gennaro Antonio Maranzano, responsabile dell'area esercizio e produzione, Roberto Gasbarra, responsabile del coordinamento del movimento metropolitane, e Ernesto De Santis, capo servizio Metro A. Il pm Elisabetta Ceniccola, che accusava questi ultimi di negligenze legate all'organizzazione del servizio, aveva chiesto la condanna di tutti e quattro gli imputati a tre anni e mezzo di reclusione. Nei confronti di Tomei è stata anche disposta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ed il risarcimento dei danni in separata sede in solido con l'Atac. Omicidio colposo, disastro ferroviario colposo e lesioni gravissime i reati contestati agli imputati.


L'inchiesta ha accertato che al momento dell'incidente il treno condotto da Tomei viaggiava a 42 km orari invece di 15. Il convoglio che tamponò l'altro treno della linea metro A passò con il semaforo rosso dopo aver ricevuto l'ok direttamente dalla sala controllo che gestisce il traffico della metropolitana, secondo quanto rivelato da una registrazione di una comunicazione intercorsa tra Tomei ed il personale della sala. Nel corso della requisitoria il pm Ceniccola aveva puntato l'indice su quella che aveva definito «gestione negligente e colposa della metropolitana di Roma». All'epoca dell'incidente un veterano dei macchinisti spiegò che nel loro lavoro si era «costretti a correre per mantenere alti gli standard e velocizzare il servizio. Conviviamo con malattie professionali, ipossemia e anossia, che possono creare stati di torpore mentre si guida. Ecco come lavoriamo noi macchinisti».
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Il Messaggero