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È caccia a un mini Suv scuro dell’Audi, la vettura usata dalla banda di finti agenti per rapinare giovedì sera il giovane calciatore della Lazio Raul Moro e un’altra coppia, appena sei giorni prima, sempre sul Grande Raccordo Anulare. La vettura sarebbe stata rubata e viaggia con una targa finta applicata sopra quella vera. Le ricerche della polizia - quella autentica - si stanno concentrando sui campi nomadi della Capitale, specie quelli in zona Roma Est.
Gli elementi
Il sospetto è che il gruppo, forse di giovani slavi, particolarmente violenti e tracotanti, venga proprio da lì o che, comunque, trovi appoggi o “reclute” nei clan familiari d’area balcanica con ramificazioni nel Centro e Nord Italia. Quello che si sa, in questa caccia all’uomo, è che la gang prima adocchia le sue prede, specie se indossano orologi di lusso (mercanzia ormai considerata bene rifugio e ottimo investimento non solo per professionisti agiati ma soprattutto per chi ha proventi non tracciati da ripulire), quindi entra in azione. Prima, a bordo del Suv, le segue da lontano, quindi le avvicina accostandosi alle loro vetture, a quel punto chi siede sul lato passeggero tira fuori dal finestrino una paletta “taroccata” simile a quella in uso alle forze dell’ordine e intima di fermarsi. Una volta accostate, le vittime restano in balia della banda armata e violenta.
Il giovane centrocampista spagnolo della Lazio che era in compagnia del padre 52enne a bordo della loro Mercedes Classe A, è stato obbligato a fermarsi al chilometro 26, all’altezza della Pontina. «Credevamo fossero poliziotti», hanno detto.
Un rebus
Un rebus per gli investigatori che stanno visionando le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza dell’Anas e degli autogrill, raccogliendo anche le testimonianze degli operatori ai caselli e alle stazioni di servizio. Intanto la polizia sta stringendo il cerchio anche attorno agli autori di un’altra rapina, questa volta commessa da finti carabinieri che si sono presentati in divisa, il 28 gennaio scorso in una gioielleria di via Siculiana, al quartiere Due Leoni, sulla Casilina. In questo caso si era trattato di un colpo ben studiato, da italiani, probabilmente con l’aiuto di un basista.
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Il Messaggero