Roma, un'estate senza medici: il rischio studi chiusi. «I sostituti non si trovano»

Dalle ferie ai pensionamenti, i disagi per la mancanza dei dottori di famiglia

Roma, un'estate senza medici: il rischio studi chiusi. «I sostituti non si trovano»
Vanno in ferie, come molte altre migliaia di persone ma se di fronte al negozio di abbigliamento, il cliente di turno si gira e torna indietro leggendo "chiuso per...

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Vanno in ferie, come molte altre migliaia di persone ma se di fronte al negozio di abbigliamento, il cliente di turno si gira e torna indietro leggendo "chiuso per vacanze", trovarsi nella stessa situazione per chi invece va dal medico è più difficile da accettare. Eppure per un combinato che vede pochi sostituti e molti medici ormai pensionati, il rischio che gli ambulatori chiudano in piena estate è dietro l'angolo. Per il tipo di contratto che i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta hanno con la Regione, sarebbe impossibile: i camici bianchi del territorio possono sì andare in ferie (a spese loro) ma devono garantire la continuità assistenza (sempre a spese loro). Sembra una partita di "Tetris" perché è quasi impossibile trovare un sostituto. Nuova estate, problema di sempre. Ovvero quello relativo all'apertura degli studi dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta.

 

L'ordine dei medici ha conteggiato già un numero cospicuo di camici bianchi andati o prossimi alla pensione senza che ci sia un ricambio proporzionale alle uscite. Più di 2 mila saranno i medici di famiglia e i pediatri di Roma e provincia che toglieranno a breve il camice. Ma intanto, con l'estate ormai partita e un'assistenza da garantire, per chi andrà in ferie cosa succede? «Da accordo regionale - spiega Alberto Chiriatti, vicesegretario regionale della Fimmg, la Federazione italiana medici di medicina generale - noi medici di famiglia ma anche i pediatri di libera scelta non possiamo chiudere lo studio per andare in vacanza, pur non essendo dipendenti diretti. Molti fanno ricorso ai colleghi associati nelle Uccp (Unità complesse di cura primarie) che coprono l'assenza del medico prendendo in carico i suoi pazienti». Molti altri vedendo cosa succede negli studi romani e non solo, hanno ridotto il periodo di vacanza per poter permettere al collega di spostarsi e senza avere a portata di mano un sostituto «che viene comunque da noi pagato», puntualizza un medico di famiglia.

 

Il "raddoppio"

Nel caso delle Uccp, lo specialista deve garantire l'assistenza non solo ai suoi mutuati ma anche a quelli iscritti con il collega. E di fatto l'assistenza si raddoppia anche se in estate i flussi negli ambulatori della Capitale diminuiscono. Non va così però nelle zone di periferia, in provincia, nelle località del litorale. Qui, da ultimo, i medici si fanno carico anche dei turisti. E se per la medicina di famiglia tra sostituti - «che pure non ci sono», conclude Chiriatti - e colleghi delle Uccp la copertura viene in qualche modo garantita, per l'assistenza ai bambini è molto più difficile riuscire a vincere quella famosa partita di "Tetris". In questo caso si può fare affidamento quasi ed esclusivamente sul collega associato in ragione del fatto che mancano gli specialisti o anche gli specializzandi in Pediatria. Di fatto non ci sono figure sufficienti a coprire tutti gli oltre 900 pediatri della Regione e lo studio non può essere lasciato ad un medico generico perché, appunto, serve lo specialista.

Il prossimo autunno almeno sul fronte della Medicina generale si dovrebbe riuscire a coprire quelle che nel settore vengono chiamate "zone carenti": quartieri, cittadine di provincia, dove non c'è più il medico perché è andato in pensione. E lo si potrà fare grazie all'ultima fuoriuscita di professionisti che hanno concluso il corso. Ma c'è un altro problema: molti di quei partecipanti sono medici di pronto soccorso che hanno deciso di lasciare il lavoro da dipendenti e impegnarsi sul territorio. Se non fosse per una semplice analisi matematica, è tacito che togliere da una parte per riempire una "lacuna" crea comunque un vuoto. Anche l'annunciato ricorso agli specializzandi degli ultimi anni a cui poter permettere di ottenere il "numero regionale", ovvero una quota di mutuati, potrebbe non essere sufficiente. Servono i medici, ma serve anche il tempo per formarli: due aspetti per due velocità diverse. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero