Roma, dipendente Asl si finge cieca ma può guidare: condannata a risarcire l'azienda dell'indennità

Roma, dipendente Asl si finge cieca ma può guidare: condannata a risarcire l'azienda dell'indennità
Sulla carta risultava praticamente cieca, tanto da avere i documenti in regola per percepire l'indennità da ipovedente e per ottenere uno sconto sull'orario di...

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Sulla carta risultava praticamente cieca, tanto da avere i documenti in regola per percepire l'indennità da ipovedente e per ottenere uno sconto sull'orario di lavoro. Peccato che, quando abbandonava la postazione da centralinista nella Asl Roma H, Giovanna Gentili salisse a bordo della sua minicar, sfrecciasse per la città e andasse anche a fare la spesa al supermercato, guardando da un lato e dall'altro della strada prima di attraversare. Tutto questo, senza tentennamenti e, soprattutto, senza la minima assistenza. Per i magistrati contabili, la donna, per 6 anni, avrebbe «simulato un grave deficit visivo in realtà inesistente». Ora dovrà restituire tutti i soldi ottenuti mentendo. I giudici della sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Lazio hanno infatti condannato la dipendente infedele a risarcire la Asl che ha sede ad Albano Laziale, restituendo 5.944 euro indebitamente intascati, più interessi e spese processuali. Si legge nella sentenza scritta dal collegio presieduto da Ivan De Musso.

 
L'INDENNITÀ
I fatti risalgono al periodo che va dal 2006 al 2012. La donna lavorava nell'ambulatorio medico come centralinista, mansione che in precedenza aveva svolto anche nel Comune di Marino. Avrebbe percepito l'indennità prevista per gli ipovedenti «nonostante non ne avesse diritto, in quanto priva dei requisiti», è scritto nel dispositivo. Il compenso intascato, quindi, «deve essere restituito, perché ha causato un danno economico all'ente». La centralinista è anche già stata condannata in primo grado dal tribunale penale. In sua difesa, ha depositato una sfilza di certificati medici e documenti sanitari. Non ha però convinto i giudici, che l'hanno accusata di aver finto per «un lungo arco di tempo». Dal processo penale è emerso altro. Oltre ad aver avuto l'indennizzo in questione, la donna ha anche ottenuto il «beneficio della riduzione dell'orario lavorativo, nonché l'indennità di accompagnamento, che è ancora in fase di accertamento».

VITA QUOTIDIANA
Sono stati i carabinieri a scoprire che la cecità ostentata dalla Gentili era incompatibile con la sua vita quotidiana. Solo per fare un esempio: il giudice scrive che la donna «guidava la macchina in maniera disinvolta, era munita di regolare patente, faceva la spesa al supermercato».


I militari l'hanno fermata a un posto di blocco mentre era al volante della sua minicar ed è anche stata filmata mentre attraversava la strada da sola e senza esitazioni. L'invalidità documentata con certificati medici discutibili, per i magistrati contabili «non è compatibile con le registrate attività poste in essere dalla convenuta». Una vista pari allo zero, si legge ancora nella sentenza, è una condizione fisica che, «ragionevolmente, non consente al soggetto che ne è affetto di compiere con naturalezza comportamenti che sono semplici nella quotidianità di vita». L'indennità percepita per anni dalla centralinista, quindi, è totalmente ingiustificata. La donna concludono i magistrati «si è illegittimamente e illecitamente avvantaggiata con palese e grave violazione delle disposizioni di riferimento, in maniera continuativa e in un arco temporale considerevole». 
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Il Messaggero