Roma, zero delibere dalla giunta, l'Aula si ferma di nuovo. De Vito: «Serve una svolta»

Roma, zero delibere dalla giunta, l'Aula si ferma di nuovo. De Vito: «Serve una svolta»
Nei corridoi di Palazzo Senatorio raccontano che anche Marcello De Vito, il presidente dell'Assemblea capitolina dall'aplomb istituzionale imperturbabile (a meno che non...

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Nei corridoi di Palazzo Senatorio raccontano che anche Marcello De Vito, il presidente dell'Assemblea capitolina dall'aplomb istituzionale imperturbabile (a meno che non si parli della Roma...), davanti all'ennesima settimana di magra in Consiglio comunale abbia storto la bocca. «Qui serve un cambio di passo», è il messaggio del lombardiano raccolto dai collaboratori più fidati. Il ragionamento è chiaro: «Da tempo siamo al lavoro su provvedimenti importanti per la città, adesso però è il momento di portarli in Aula. E a stretto giro». Vanno ascoltate, riflette sempre De Vito, «le tantissime indicazioni formulate in questi mesi dai consiglieri con mozioni e ordini del giorno, per dare un indirizzo alla giunta».


RAFFICA DI CANCELLAZIONI
Lo sfogo trapela nel giorno in cui in Campidoglio è saltata l'ennesima seduta del Consiglio comunale, la sesta revoca dall'inizio del 2017 e la nona da quando i grillini sono approdati al governo di Roma. Motivo? Semplice, non ci sono provvedimenti della giunta da mettere ai voti. Banchi vuoti, quindi, e tutti a casa. Altro che settimana corta, negli ultimi sette giorni gli «onorevoli» capitolini si sono accomodati sugli scranni dell'Aula Giulio Cesare soltanto martedì. Cinque ore di lavoro e già erano entrati in clima week-end.

A PASSO LENTO
Del resto l'amministrazione pentastellata, nei primi 15 mesi sul Colle capitolino, ha ballato a passo lento, macinando meno delibere di tutti. Un gap a cui hanno contribuito soprattutto i ritmi di lavoro, non proprio degni di Stachanov, della giunta comunale. Da quando Virginia Raggi ha messo piede in Campidoglio, la sua squadra di assessori ha partorito appena 373 delibere. Nello stesso periodo la giunta di Gianni Alemanno aveva sfornato 637 delibere e quella di Ignazio Marino ne aveva approvate 454.

Le cose vanno meglio per gli atti votati dall'Assemblea capitolina, ma è l'illusione ottica dei numeri grezzi. Perché se è vero che sotto Virginia Raggi il Consiglio comunale ha votato 217 delibere, contro le 168 di Alemanno e le 100 di Marino, va specificato che si tratta di un numero inflazionato dalla mole di provvedimenti par pagare i debiti fuori bilancio, cioè la liquidazione di vecchie fatture rimaste insolute, spesso messe ai voti in blocco. Delle 217 delibere consiliari approvate dal M5S, di fatti, ben 154 sono «riconoscimenti» dei debiti accumulati in precedenza. Invece, nell'insieme delle delibere votate sotto Alemanno, i debiti fuori bilancio riguardavano appena 5 provvedimenti, 7 con Marino. Solo nell'ultima seduta del Consiglio erano all'ordine del giorno 11 atti di questo tipo. E basta. Quantità non è sinonimo di qualità, ma forse di progetti veri - trasporti, ambiente, patrimonio - potrebbe esserci un qualche bisogno, nella Capitale. Invece dopo avere votato il bilancio consolidato appena prima della scadenza di legge del 30 settembre, l'Aula si è presa d'emblée dieci giorni di ferie. Una curiosa vacanza d'ottobre, quando era passato poco più di un mese dal break agostano. Va detto poi che anche quando si riunisce, il Consiglio, è costretto il più delle volte a discutere atti senza alcuna valenza pratica: mozioni, interrogazioni, ordini del giorno fumosi. Tutto rigorosamente in streaming, degno forse di altri dibattiti e votazioni.
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Il Messaggero