L'inquilina che per prima ha dato l'allarme, scongiurando che il crollo di tre piani del palazzo in lungotevere Flaminio si trasformasse in tragedia, la scorsa notte ha...
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Hanno visto la loro casa crollare sotto i loro occhi, in una nube di polvere e un boato, i residenti del palazzo di lungotevere Flaminio 70, all'angolo con piazza Gentile Da Fabriano, parzialmente collassato la scorsa notte. E solo per un miracolo, nel grande edificio di 7 piani, dormivano appena 19 persone. È il racconto dei residenti e dei soccorritori che questa notte sono stati evacuati dalle forze dell'ordine e dai vigili del fuoco. «Siamo stati fortunati a riuscire a scendere - racconta Andrea Ciacchella, circa 60 anni - c'era anche un disabile con difficoltà di deambulazione. Siamo riusciti perfino a spostare alcune macchine. Io sono vedovo da un anno - racconta mentre le lacrime gli scendono dagli occhi - ho due figlie di 22 e 21 anni.
Un altro residente, Andrea Ciacchella, racconta: «Abito al secondo piano del palazzo. A mezzanotte e venti l'inquilina del 7 piano ha sentito degli scricchiolii. Avendo contatti diretti con le forze dell'ordine, ha chiamato e sono accorsi i vigili del fuoco». «Io li ho fatti entrare anche a casa mia - ha affermato - ma da me non c'erano problemi. Allora siamo saliti al settimo piano, e c'erano delle aperture sul solaio, lungo la muratura. Per cui con i vigili del fuoco abbiamo ipotizzato un cedimento. Abbiamo concordato con i vigili del fuoco l'evacuazione». «Al momento del crollo non ho visto nulla, c'era una grande nube, sembrava come le Torri Gemelle - racconta - Saranno state le 2 di notte, ma avevo perso la cognizione del tempo. I vigili del fuoco stavano per rientrare per un secondo sopralluogo - ha aggiunto - per fortuna non sono rientrati».
«Nel palazzo c'erano tre cantieri di ristrutturazione negli appartamenti, ne avremmo dovuto discutere la prossima settimana in assemblea di condominio. Se c'erano stati esposti? I lavori erano tra le cose da discutere, volevamo che tutti i lavori fossero fatti per bene». Lo riferisce Mara, una donna anziana che abita al V piano del palazzo parzialmente crollato la scorsa notte a lungotevere Flaminio. La donna è la dirimpettaia di pianerottolo di uno dei tre appartamenti interessati dai cantieri e dal crollo. «In casa mia - racconta - non avevo crepe. Ho sentito dei rumori al soffitto, pensavo fossero i vicini che facevano chiasso. Poi sono arrivati i vigili del fuoco, hanno bussato a tutti. Noi nel palazzo siamo tutte donne sole - aggiunge - abbiamo paura ad aprire, ma quando ho visto che era davvero un vigile mi sono messa una cosa addosso, ho aperto e sono uscita. È stata una cosa imprevedibile: questo è un palazzo vecchio, forte. Ora non so tra quanto tornerò a casa, per una cosa così ci vorranno due anni... Stanotte? Per fortuna ho tante amiche che si sono subito offerte di ospitarmi».
«All'inizio abbiamo pensato al terremoto. Era buio e c'era tanta polvere». Così, un architetto che vive nel palazzo di lungo Tevere Flaminio. Sulla circostanza che nell'edificio si stessero realizzando dei lavori, il condomino ha affermato: «I lavori al quinto piano erano cominciati da una settimana. La palazzina è del 1930. Sono stati tolti dei tramezzi, cosa che si poteva intravedere dalla finestra di casa mia. Credo che l'idea fosse di creare un open space». Inoltre, ha proseguito l'architetto, «Al sesto piano c'erano dei grossi vasi di cemento. Avevo segnalato la cosa. Il piano era sovraccarico e credo che togliendo i tramezzi si sia peggiorata la situazione».
«Io abito al quinto e sesto piano. Nell'appartamento accanto al mio», cioè quello del crollo, «stavano facendo dei lavori, hanno rimosso dei tramezzi che 'collaboravanò con i muri portanti, cioè sostenevano parte del peso. Si vedeva dalla mia finestra. L'idea era un grande open space. Io non sapevo se avessero puntellato». Lo riferisce Massimo Goffredo, 48 anni, architetto e residente del palazzo parzialmente crollato questa notte. «Inoltre al piano di sopra - riporta - c'erano degli enormi e pesantissimi vasi di cemento, pieni di terra e acqua, per cui più volte avevamo protestato. A mio avviso il loro peso ha contribuito al cedimento».
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Il Messaggero