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Sono quasi due mesi che l’Atac ha riattivato i controlli a bordo dei bus. Un po’ perché senza i verificatori, spariti dall’inizio della pandemia per ordine del governo, oltre il 60% dei passeggeri si guardava bene dal timbrare il biglietto; un po’ perché gli addetti in pettorina rossa avrebbero dovuto regolare la calca tra i sedili, almeno sulle tratte principali. Peccato che una buona metà dei dipendenti abbia subito incrociato le braccia. Al grido di: a bordo non ci torniamo. Blocchetti ammainati. Niente multe e pochi, pochissimi limiti agli assembramenti. Capito l’andazzo, la Direzione del Personale dalla municipalizzata ha avviato un’indagine interna. E sta trattando con i bellicosi sindacati aziendali per convincere i verificatori a tornare a fare quello per cui sono stipendiati: staccare contravvenzioni contro chi sale sul bus o sui treni della metro senza sganciare un centesimo. E, in aggiunta, vigilare sul rispetto delle distanze anti-Covid.
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IL RIFIUTO
Qualche numero: l’Atac oggi può contare su 250 controllori.
LE GIUSTIFICAZIONI
C’è chi si è lamentato: «Rischiamo di contagiarci». Una giustificazione che ha il sapore della beffa: proprio per l’assenza di controlli, sui mezzi pubblici è difficile mantenere le distanze e così il virus può circolare più facilmente. Peraltro oggi su 11mila dipendenti Atac, solo in 8 sono positivi al virus. Lo 0,07%. Altri controllori recalcitranti ricorrono a un cavillo: in teoria il Ministero dei Trasporti non ha mai revocato del tutto la disposizione con cui, a marzo del 2020, all’avvio del lockdown, vietava la salita a bordo dei verificatori. «Le regole sono poco chiare», è l’altra scusa. E così gli autobus viaggiano con la sorveglianza dimezzata. Mentre la voragine nei conti dell’Atac continua ad allargarsi: solo per il 2021 l’azienda ha chiesto 100 milioni di euro di ristori al governo, una toppa per fronteggiare il crollo degli incassi. Altrimenti il rischio, che Mottura ha ben chiaro, è che la società sia costretta a tagliare le corse.
Senza lo spauracchio della multa (almeno potenziale), diventa complicato incentivare tutti i passeggeri a timbrare il biglietto, anche perché l’evasione è una vecchia piaga dei trasporti pubblici romani. E dire che l’Atac le sta pensando tutte per convincere gli utenti. L’ultima mossa, studiata per chi non ha avuto tempo di fermarsi in biglietteria o ha trovato la rivendita chiusa, ha appena debuttato: si può comprare il tagliando con un sms, il costo viene scaricato dal credito telefonico, col sovrapprezzo di 29 centesimi. Sempre che qualcuno a bordo ne chieda conto.
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Il Messaggero