Roma, case comunali ad affitti stracciati: Romeo rischia l'accusa di frode

Roma, case comunali ad affitti stracciati: Romeo rischia l'accusa di frode
Fa un balzo in avanti l'inchiesta della Procura di Roma sullo scandalo Affittopoli, e rischia di travolgere la Romeo Gestioni spa, la ditta dell'imprenditore napoletano...

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Fa un balzo in avanti l'inchiesta della Procura di Roma sullo scandalo Affittopoli, e rischia di travolgere la Romeo Gestioni spa, la ditta dell'imprenditore napoletano Alfredo Romeo, arrestato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta Consip. La società, infatti, ha gestito per conto del Campidoglio gli immobili finiti nel mirino degli inquirenti, occupandosi, in particolare, dei casi di contenzioso con gli inquilini morosi. I responsabili rischiano la contestazione di frode nelle pubbliche forniture. Il servizio, infatti, potrebbe essere stato effettuato in modo approssimativo e, forse, irregolare. Centinaia di immobili nel centro della Capitale e di proprietà del Comune, per più di un decennio sarebbero stati concessi in locazione a prezzi irrisori, in modo abusivo o, addirittura, senza riscuotere un centesimo.


I pm Corrado Fasanelli e Giorgio Orano, titolari del fascicolo, hanno appena ricevuto l'informativa conclusiva sulla vicenda, depositata in Procura dalla Guardia di Finanza. Nel documento si fanno i nomi di funzionari capitolini che hanno gestito negli ultimi anni il patrimonio immobiliare. Per il momento non ci sono indagati e non sono state formulate ipotesi di reato. Una delle contestazioni possibile, comunque, è l'abuso d'ufficio. Diversa la posizione dell'azienda dell'imprenditore napoletano, che potrebbe essere responsabile, appunto, di frode nelle pubbliche forniture, per non aver espletato al meglio gli impegni presi con l'amministrazione capitolina. La possibile responsabilità della Romeo Gestioni emerge anche dagli atti dell'inchiesta della Corte dei conti, in cui si contano 17 indagati, tra assessori delle precedenti giunte con delega al Patrimonio, segretari generali e dirigenti del dipartimento Patrimonio, sviluppo e valorizzazione.

IL DANNO
Il viceprocuratore Ugo Montella ha calcolato un danno erariale che, solo per il I Municipio, supera i 21 milioni. «Spesso i canoni di locazione risultano al di sotto di ragionevoli soglie; soggetti deceduti o residenti altrove pagano regolarmente l'affitto; taluni immobili non risultano locati ma vi risiedono persone fisiche o giuridiche; le morosità individuali si attestano su valori rilevanti», si legge nell'invito a dedurre spedito agli indagati. In un capitolo specifico, il pm Montella parla della «gestione Romeo», andata avanti praticamente dal 1997 al 2014. Una gestione effettuata attraverso «un modello organizzativo proprio».
Dagli accertamenti contabili emerge che «gli immobili ad uso abitativo con una morosità superiore ai 2 anni sono complessivamente 83, e per 72 posizioni non risulta mai attivata alcuna procedura di recupero», per un ammanco di circa 3 milioni. «Tale voce di danno va interamente ricondotta in via principale alla colpevole inerzia della Romeo Gestioni», si legge nell'atto.

MANCATO CONTROLLO

La responsabilità principale, però, sarebbe in capo ai vertici amministrativi del Comune, «che avrebbero dovuto vigilare sull'esecuzione del contratto». Proprio il mancato espletamento dei compiti potrebbe configurare l'ipotesi di frode nelle pubbliche forniture. I pm contabili aggiungono un altro dettaglio. Cessato il rapporto contrattuale, la società ha restituito la documentazione all'amministrazione. «Il materiale riconsegnato è stato catalogato dalla Romeo secondo (un proprio) criterio identificativo degli atti, che ne ha reso impossibile la consultazione», scrive il pm Montella. Gli atti sarebbero infatti collocati in ordine sparso e rintracciabili «solo attraverso un software mai messo a disposizione del Dipartimento». Nessuno si sarebbe preoccupato preventivamente del problema, «consentendo a Romeo Gestioni di maturare una posizione di dominio conoscitivo» e rendendo necessaria un'ulteriore spesa per fare fronte all'emergenza.
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Il Messaggero