Non «moriranno leghisti», assicurano, ma di certo almeno per un pò vivranno l'uno accanto all'altro. Intanto manifestano insieme, perchè «nella Lega è cambiato...
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L'accostamento tra Casapound e Lega, nazionalisti a braccetto con 'padanì, può sembrare dei meno prevedibili. Di certo, quando a Roma devono sfilare migliaia di "antagonisti" per dare l'altolà a Matteo Salvini, è anche potenzialmente esplosivo, specie dopo i tafferugli della vigilia a piazzale Flaminio. Ma alla fine è andata come sia il capo della Lega che i suoi alleati avevano annunciato: nessun contatto con i militanti dei movimenti, tenuti ben separati dalla sede di Casapound da un massiccio (e duplice) cordone di polizia.
Via Napoleone III, indirizzo del movimento, resa a tenuta stagna da mattina a sera dai blindati di polizia e carabinieri a sbarrare le traverse.
Per Casapound, che già sostenne la candidatura in Europa di Mario Borghezio, non ci sono dubbi su chi sia l'anti-Renzi. «Se anche Giorgia Meloni si mettesse in testa di dire che Salvini è il leader da contrapporre a Renzi saremmo più felici tutti» aggiunge Di Stefano, stuzzicando in casa la romanissima leader di FdI, mentre la destra antileghista che oggi manifestava in Prati corre su un binario morto: «Preferiscono rimanere residuali: non lo facciano, c'è spazio in questa grande avventura».
Anche perchè Salvini sa toccare evidentemente le corde giuste: «Ieri sera in tv è stato chiaro: quando la Gruber ha detto "quelli sono fascisti", lui ha risposto "che problema c'è". Non credo si vergogni di noi». E poi «diceva "prima gli italiani" e non "prima il nord"».
Non ultimo, Casapound non nasconde di sapere che oggi il Carroccio è il carro dei vincitori: «Noi vogliamo vincere, agli altri piace rimanere marginali - afferma senza dubbi Di Stefano - Noi siamo forti della nostra identità, non facciamo un passo indietro. È quello che ci lega alla Repubblica sociale, un percorso che attraverso il Msi arriva a noi». La Fiamma e il Sole delle Alpi mai così vicini: «Ormai il percorso di Salvini è chiaro e preciso - conclude Di Stefano - Il "ragazzo" è sincero e ci crede». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero