Roma, ancora paura alla Caffarella: rissa davanti al pub dove è stato ucciso Luca Sacchi

La strada dove è stato ucciso Luca Sacchi
Una rissa tra bande di ragazzi, l’ambulanza, quattro pattuglie dei carabinieri, due giovani a terra, uno colpito alla testa, sanguinante in mezzo alla strada. Proprio dove...

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Una rissa tra bande di ragazzi, l’ambulanza, quattro pattuglie dei carabinieri, due giovani a terra, uno colpito alla testa, sanguinante in mezzo alla strada. Proprio dove è morto Luca Sacchi, all’Appio Latino, in via Franco Bartoloni, davanti al pub John Cabot. È accaduto sabato, era da poco passata la mezzanotte. I residenti, abituati a grida e schiamazzi, hanno dato l’allarme quando hanno visto volare calci e pugni, alcuni ragazzi fuggire. Il parapiglia tra due gruppi di giovani del quartiere sarebbe iniziato dentro il pub, affollato di giovani in occasione della partita Sassuolo-Roma.


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Tutta colpa di una spallata e di uno sguardo di troppo, a dar fastidio al gruppetto di 15enni e 16enni sarebbero stati dei ragazzi più grandi, ventenni. Come sempre il gruppo si è ritrovato fuori, intanto uno dei ragazzini era andato a chiamare rinforzi, il fratello più grande e i suoi amici. E la situazione è degenerata, sul marciapiede poco distante, in via Ciccotti, quando in due sono stati aggrediti da cinque, sei giovani, mentre altri erano lì, chi guardava, chi fuggiva. «Dal pub è uscito il titolare, si è fatto largo tra i capannelli di ragazzi - racconta chi si è svegliato e ha assistito suo malgrado: diceva “La smettete, mi state a rovinà, così mi fate chiudere”».
I ragazzi più piccoli hanno raccontato di esser stati provocati dai ventenni, a sentir loro alticci. Mentre ai carabinieri non risulta fossero ubriachi, quantomeno i due rimasti feriti. Due studenti universitari, un ventenne che ha riportato un trauma cranico con ferite lacerocontuse giudicate guaribili in 7 giorni e un 19enne colpito anche lui in testa, nella sede occipitale (6 giorni di prognosi). Gli altri erano tutti fuggiti, i carabinieri della compagnia piazza Dante hanno acquisito le telecamere di sorveglianza della zona per ricostruire con precisione l’accaduto e cercare di rintracciare i responsabili dell’aggressione. Il pestaggio avvenuto in
una zona appartata è stato violento. In due sono stati accerchiati, uno è inciampato ed è caduto.
Il titolare del pub che è arrivato a cose fatte, quando erano giunti anche i familiari dei feriti e intanto i carabinieri raccoglievano testimonianze è sbottato: «Se questi giovani sono così idioti che si azzuffano per niente la colpa è delle famiglie, non continuate a dare la colpa a me, pensate a fare i genitori». Uno sfogo, che è continuato al mattino: «Con Luca Sacchi non c’entravo niente e sono stato messo in mezzo».
Eppure si tratta, dell’ennesimo raid all’Appio Latino, da un po’ di tempo quartiere meno tranquillo: sassaiole a Villa Lazzaroni, raid punitivi in un locale a via Eurialo, aggressioni notturne a scopo di scippo per chi rientra a casa. Sabato la lite tra giovani del quartiere, tutti tra i 15 e i 20 anni, per futili motivi, a caccia di pretesti per fare i duri, per guardarsi in cagnesco e poi darsele.
Allarmati i residenti, specie chi ha figli. «Non dovrebbero somministrare loro bevande alcoliche». Un messaggio che cade spesso nel vuoto, anche perché per i giovani è assai facile rimediare alcolici anche negli spacci dei bengalesi. Intanto in via Bartoloni, dove lo scorso ottobre Luca Sacchi è stato colpito a morte, il palo vicino alle strisce continua a essere pieno di biglietti e fiori, mèta giornaliera dei familiari del giovane. Ha chiuso invece l’estetista, il market bengalese, lo storico tabacchi, «chissà sta ristrutturando», dice un abitante che abita sopra al pub e che l’altra notte è stato svegliato dalle sirene e da urle diverse dalla solita allegra confusione di chi si raduna fuori al locale, a ridosso della Caffarella.

«Siamo preoccupati, ma cosa hanno nella testa questi giovani?». Una violenza nuova, stupida e inutile, che non risparmia nemmeno i più grandicelli, i ventenni, che avrebbero innescato la provocazione, poi degenerata. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero