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Era andato a controllare il suo orto, al Laurentino, dopo giorni di acquazzoni, nel fosso che lo costeggia, aveva visto il corpo di un uomo. Tra i rami, i resti di un materasso, un tronco e i detriti trascinati dalla corrente, era spuntata una gamba. Era il 12 maggio 2019. Domenico D’Annunzio, un romano del quartiere, inorridito aveva chiamato la polizia. Per dare un nome al cadavere e accertare perché si trovasse lì ci sono voluti giorni. Il morto era Neculai Rosu, 55 anni, un romeno sbandato e attaccabrighe, che viveva a Santa Palomba. E non era caduto accidentalmente nel fossato, ma era stato buttato nei pressi del ponticello di via Casali di San Sisto dopo essere stato pestato con un bastone e una spranga di ferro, malmenato durante una grigliata tra amici che vivevano in capanne di fortuna nei paraggi, e punito per la sua violenza. Per quell’omicidio dovrà ora scontare 16 anni di carcere Stefan Dorel Monteanu, 37 anni, incensurato, pure lui romeno, mentre il fratello Ioan, 41 anni, finito a processo sempre per omicidio volontario, è stato assolto. La sentenza, appena depositata, infatti, ha stravolto la ricostruzione dell’accusa.
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Per la procura, Rosu, già malconcio per le botte, era morto nella caduta nel fosso.
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