Scippi e molestie, viaggio sul 64: il bus “sconosciuto” a Esposito

Scippi e molestie, viaggio sul 64: il bus “sconosciuto” a Esposito
«Attenti alle borse!». Sul 64 si parlano altre lingue, in pochi capirebbero l’autista se lui non avesse l’accortezza di accompagnare le parole con il gesto della mano. Tutto...

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«Attenti alle borse!». Sul 64 si parlano altre lingue, in pochi capirebbero l’autista se lui non avesse l’accortezza di accompagnare le parole con il gesto della mano. Tutto chiaro, ci si abbraccia a borse e zaini nel bus ancora fermo al capolinea di Termini, il più cosmopolita e insicuro. Ci sono due tipette sospette in giro, le hanno appena allontanate dalla metro B1. Una avrà poco più di otto anni, l’altra una quindicina, jeans e magliette da turiste si aggirano tra gli autobus della stazione dopo essere state accompagnate fuori dalla metropolitana dagli addetti alla sicurezza. Fanno presto a confondersi tra la folla, qualcuno le ha viste seguire come un’ombra una paio di signore, passi silenziosi da acrobate del borseggio, pronte a sfilare il portafoglio.







L’ALLARME

Dunque, massima attenzione, raccomanda l’autista prima di mettersi alla guida. Siamo sul 64, la linea di bus che carica a Termini una valanga di turisti per portarli a San Pietro, famosa nel mondo almeno quanto le buche di Roma. Conosciuta anche dal Foreign Office britannico che più volte ha raccomandando ai concittadini di fare attenzione alla linea più pericolosa della Capitale. Nota un po’ ovunque come uno dei peggiori incubi metropolitani.



Ma non all’assessore ai Trasporti Stefano Esposito che ha candidamente ammesso di non saperne nulla. «Il mio problema - si è poi difeso - è far funzionare le linee, non sapere dov'è il capolinea e il fine corsa».

Magari ci riuscisse. Gliene sarebbero infinitamente grati i due turisti tedeschi, marito e moglie, saliti a Termini sul 64 e già schiacciati ai vetri con i trolley sui piedi. Il viaggio dura mezz’ora fino alla stazione San Pietro ed è come fare il giro del mondo, tante sono le lingue che si parlano. L’aria condizionata c’è, i malintenzionati anche. Li noti subito, ragazzetti perlopiù. Si sistemano in coda all’autobus e cominciano a guardarsi intorno, puntano la straniera e mentre lei scende le sono addosso, velocissime e leggere. In quell’attimo la borsa viene aperta, il portafoglio o il telefonino sparisce, nessuno se ne accorge. A volte abbandonano il portamonete svuotato sotto i sedili del bus.



Fermata di piazza Argentina, una bella ragazza bionda saluta con un bacio il fidanzato, «attenta alla borsa», le raccomanda lui. Mani avvinghiate alle tracolle, si guardano intorno anche due suore. «Siamo così stretti che è impossibile accorgersi dei ladri», Anna è una delle poche italiane sul 64, lo prende per andare al lavoro. «Tante volte mi capita di avvertire i turisti del rischio che corrono. Dovrebbero mettere un bel cartello: attenzione ai borseggiatori».



LE MOLESTIE


Il ritorno è ancora peggio, più stretti di prima. «E poi nessuno vidima il biglietto», Franco è con la moglie e una coppia di amici. «I controllori non si vedono mai, perché non fanno come all’estero: sali e paghi». C’è anche una barbona con un carrello enorme, pretende il posto a sedere e l’accontentano. Tutta meritata questa cattiva fama. «Tanti, tanti borseggi», dicono gli autisti. «Nessuno se ne accorge al momento. Noi a volte, quando vediamo salire le zingarelle, ci fermiamo per mettere la gente in guardia». E fossero solo i ladri il problema, «ci sono quelli che palpeggiano e molestano - racconta un’autista donna - una continuo di lamentele. Ma noi che possiamo fare?». Fine del viaggio: ma dov’è la bottiglietta di acqua? Sparita dalla borsa, per fortuna solo quella. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero