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Mamma Ferida entra ed esce dall'ospedale e dal camper. Ha da badare ad altri 5 bambini, non può perdere la lucidità. «Me l'hanno ucciso, è omicidio volontario scrivetelo, ci sono testimoni. Jordan stava attraversando con mio marito e lo zio, quello lì è arrivato a tutta velocità, voleva anche scappare, si è fermato 50 metri dopo allo stop, gli sono saltati sopra». Lo strazio lo tiene per sè, trattiene dignitosa le lacrime, dice solo «era meglio se fossi morta io» come ogni genitore al posto suo. La famiglia Salkanovic era a Roma da tre giorni, «di solito stiamo a Milano», però Jordan che amava più di tutto giocare a palla, era della Lazio, «era sempre solare, felice di niente - ricorda la nonna Sultania - ho paura ora, perché in Italia gli assassini non li mettono in galera, non gettano la chiave. E a noi rom ci trattano come cittadini di serie B, con cattiveria, razzismo, ci cacciano da un posto all'altro senza offrirci un'alternativa. Eppure siamo cittadini italiani, siamo qui da 30 anni. Ci hanno mandato in giro per la Togliatti, su e giù, Jordan sarebbe stato più al sicuro se fossimo rimasti dai rottamatori».
Mamma Ferida torna indietro, trova ancora la forza di dire: «Voglio l'ergastolo, in Italia sapete bene che per le cose piccole si sta dentro e per quelle grandi si esce subito...». Poi torna dentro al camper parcheggiato davanti all'ospedale Vannini, in braccio un pupo, altri attorno. «Me l'hanno portato via, me l'hanno ucciso», ripete a bassa voce. Basta. C'è un figlio morto da poche ore. «Che devo dire di più? E poi pensa che mi senta a mio agio così, tutta sporca. Anche noi vorremmo essere eleganti, puliti, avere una casa. In Italia ti cacciano solo».
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Il Messaggero