Roma, al Bambino Gesù open day su dermatite atopica e ittiosi

Roma, al Bambino Gesù open day su dermatite atopica e ittiosi
Informare i genitori su come gestire dermatite atopica e ittiosi, rispondendo a tutte le loro domande. È questo l'obiettivo dell'Open day promosso dall'Ospedale...

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Informare i genitori su come gestire dermatite atopica e ittiosi, rispondendo a tutte le loro domande. È questo l'obiettivo dell'Open day promosso dall'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma con il supporto della Fondation pour la Dermatite Atopique, che si terrà sabato 10  dalle 9 alle 14.30 nella sede di San Paolo della struttura capitolina.

Un team di specialisti sarà a disposizione delle famiglie che potranno scambiare esperienze e ricevere supporto anche dalle associazioni di genitori presenti. Nel corso della giornata verrà inoltre presentato il nuovo protocollo elaborato dagli esperti del Bambino Gesù con le varie tecniche di distrazione dal prurito, sintomo tra i più difficili da gestire.

L'Open day è la prima iniziativa dedicata ai pazienti del Network europeo per le malattie rare della pelle (Ern-Skin), rete co-coordinata da May El Hachem, responsabile di Dermatologia del Bambino Gesù.
La dermatite atopica - spiegano gli specialisti dell'ospedale - è una patologia della pelle tra le più diffuse in età pediatrica, e colpisce un bambino su 5. Le ittiosi, gruppo di malattie genetiche rare, a seconda della forma ne colpiscono uno su 3.000/200.000. Le caratteristiche comuni sono alterazione della barriera cutanea, secchezza, prurito e necessità di gestione continua. Sono malattie croniche e incidono sulla qualità di vita dei pazienti e dei familiari, sia per il disagio estetico sia per il prurito.

«Abbiamo deciso di dedicare l'intera giornata ai pazienti e ai loro familiari per capire ancora meglio le difficoltà quotidiane di chi convive con queste patologie e per garantire loro una presa in carico sempre migliore - sottolinea El Hachem - L'Open day dà la possibilità ai genitori di esporre liberamente i problemi anche emotivi legati alla patologia dei propri figli. In questo modo possiamo creare percorsi sempre più completi per i nostri piccoli pazienti, fornendo un sostegno anche di tipo psicologico.
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Il Messaggero