Baby gang a Roma, il prof della scuola della Banda 18: «Tra i miei alunni Spada e Pamela Mastropietro. I violenti? Colpa di genitori distratti»

Gli ultimi studenti che ha avuto sono quelli dell'istituto da cui proviene una delle ragazzine che nel maggio 2021 si è resa protagonista del pestaggio selvaggio ai danni di un 15enne down

Baby gang a Roma, il prof della scuola della Banda 18: «Tra i miei alunni Spada e Pamela Mastropietro. I violenti? Colpa di genitori distratti»
Dario Bensi ha insegnato dal 72 nei centri professionali capitolini, per quindici anni ne è stato il direttore, tra i suoi alunni Roberto Spada e Pamela Mastropietro. Gli...

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Dario Bensi ha insegnato dal 72 nei centri professionali capitolini, per quindici anni ne è stato il direttore, tra i suoi alunni Roberto Spada e Pamela Mastropietro. Gli ultimi studenti che ha avuto, però, sono quelli dell'istituto da cui proviene una delle ragazzine terribili della Banda 18, la baby gang di Roma Sud che nel maggio 2021 si è resa protagonista del pestaggio selvaggio ai danni di un 15enne affetto da un lieve ritardo cognitivo. Fatto per cui è indagata.


Professore Bensi, questa adolescente avrebbe fatto da esca attirando la vittima all'appuntamento trappola ordito dal fidanzatino e dagli amici. La sorprende?
«Assolutamente no, anche perché questi episodi non sono isolati. Ricordo che nel cortile della nostra scuola, prima di andare in pensione, due studentesse si azzuffarono dandosele di santa ragione, tutt'intorno altre alunne che le fomentavano e giravano video. Convocai tutte quante in aula magna e puntai il dito soprattutto su coloro che erano rimaste a guardare senza intervenire, anzi esasperando la situazione. Un comportamento scorretto e dalle conseguenze pericolose».

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I social amplificano il fenomeno delle baby gang?
«Indubbiamente. Fatti del genere ci sono sempre stati purtroppo, ma lo spirito di emulazione viene gonfiato e replicato a dismisura tramite i social. Così questi episodi, un bullismo che travalica la scuola, diventano sempre più ricorrenti, ma alla base di tutto c'è sempre la famiglia».


Colpa dei genitori?
«Molti sono a dir poco distratti. Lasciano i figli soli per 13 ore al giorno, permettono loro di uscire fino a tardi e non verificano con chi e dove vanno, cosa fanno. Una volta chiamai a colloquio i familiari di una alunna che insultò in classe la nuova insegnante di italiano, una persona timida e squisita. La ragazzina alla presenza della prof, mia e dei genitori aggredì di nuovo verbalmente la docente: Sta stro...», disse. Il padre, addirittura, la aizzò. Al punto che dovetti intervenire io dicendogli di andarsene altrimenti avrei reagito. Vigliacco scappò via, lasciò la moglie che, almeno, tentò di scusarsi».

 


Nei centri professionali arrivano spesso i ragazzi più difficili...
«In realtà i centri professionali, se ben gestiti e dotati di idonee risorse, possono rappresentare la carta giusta per immettersi subito nel mondo del lavoro con le giuste competenze. Ma, ripeto, dietro a certe situazioni ci sono disagi più profondi».


Si possono salvare dal disagio?


«Senza l'apporto delle famiglie è difficile, ma chi ama insegnare non abbandona mai i propri ragazzi. Certe notti ricevevo a casa le telefonate di studenti spaventati: Professo' mi' padre è tornato ubriaco, sta a mena' mi' madre, io non so dove andare. Prendevo l'auto, abitavo fuori Roma, e correvo da loro. Ho avuto come studente Roberto Spada, accusato di associazione mafiosa a Ostia e la povera Pamela Mastropietro. Il fidanzato mi chiese un colloquio pochi giorni prima che la ragazza venisse ritrovata fatta a pezzi a Macerata. Voleva aiutarla e non sapeva come fare. Convocai la madre, ma ormai era troppo tardi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero