Rogo alla EcoX di Pomezia: condanna per l'unico imputato

L'incendio provocò un disastro ambientale
Un disastro ecologico che aveva tenuto la Capitale con il fiato sospeso: una nube tossica, sprigionata dal rogo di un’azienda di recupero di rifiuti speciali, era partita da...

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Un disastro ecologico che aveva tenuto la Capitale con il fiato sospeso: una nube tossica, sprigionata dal rogo di un’azienda di recupero di rifiuti speciali, era partita da Pomezia e aveva minacciato anche i cieli della Capitale e dei comuni limitrofi. Ora, a tre anni di distanza dal disastro della EcoX, lo stabilimento bruciato nel comune laziale, è arrivata la condanna per l’unico imputato: tre anni di reclusione per Antonio Buongiovanni, sessantaduenne di Ardea, accusato di incendio colposo e inquinamento ambientale colposo. L’ha stabilito il gup del tribunale di Velletri, Giuseppe Boccarato. Buongiovanni è l’amministratore della Ecoservizi per l’ambiente, la società che aveva preso in affitto la EcoX. Secondo gli inquirenti sarebbe lui il responsabile dell’incendio che, il 5 maggio 2017, aveva distrutto l’azienda sulla Pontina Vecchia, dove erano stipate oltre 8.400 tonnellate di rifiuti industriali e ferrosi. Nei mesi scorsi l’imputato aveva chiesto di patteggiare. Dopo il diniego del giudice, aveva scelto il rito abbreviato. Tre le parti civili: il Comune di Pomezia, l’Osservatorio nazionale amianto dell’avvocato Ezio Bonanni, e una cittadina di Pomezia assistita dall’avvocato Francesco Falco. Ma le indagini proseguono e diventano sempre più delicate. Un secondo fascicolo sulla EcoX è stato affidato alla Direzione distrettuale antimafia di Roma. In giugno, durante alcuni lavori di messa in sicurezza dell’area, all’interno degli uffici parzialmente distrutti dalle fiamme è stato trovato un ordigno inesploso, ma ancora attivo e potenzialmente pericoloso. Era stato lasciato sul pavimento ed era ben visibile: era stato addirittura colorato in modo che risaltasse. Da qui la decisione di aprire un’inchiesta parallela per scavare sugli affari e sui legami dell’azienda e per individuare possibili interessi delle mafie. 


Del caso si è occupata anche la Commissione parlamentare sugli ecoreati. Durante la sua testimonianza, il manager della EcoX, poi deceduto, Salvatore Guglielmino, aveva sostenuto che Buongiovanni fosse semplicemente un prestanome e aveva anche aggiunto che, in realtà, a gestire tutto l’impianto era sempre la EcoX. Dagli accertamenti è anche emerso che in tanti, ben prima del rogo, sapevano della situazione estremamente critica in cui versava l’azienda. Ma nel fascicolo non ci sono mai stati altri indagati oltre a Buongiovanni, considerato dagli inquirenti l’unico responsabile del disastro. Un aspetto su cui da tempo sta dando battaglia l’avvocato Francesco Falco, uno dei legali di parte civile.


Nel maggio di tre anni fa, quando le fiamme avevano ormai divorato lo stabilimento, una fitta coltre di fumo nero si era levata da un capannone contenente scarti industriali e materiali ferrosi. Le nubi tossiche, gigantesche, si vedevano a chilometri di distanza: dai comuni di Ardea, Anzio e Nettuno, fino ad Ostia. Ed erano arrivate a minacciare anche la Capitale. Erano stati giorni di paura per i cittadini, soprattutto per quelli di Pomezia: case e scuole erano state evacuate. Fortunatamente nessuno era rimasto ferito o intossicato.
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Il Messaggero