È un precedente che potrebbe costare davvero caro al Campidoglio, visto che il Tribunale e la Commissione tributaria provinciale rischiano di essere letteralmente inondati...
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Leggi anche: Tari Roma, è svolta: cittadini rimborsati per il caos della raccolta
LA NORMA
Esiste infatti una norma specifica, che prevede che la Tari sia dovuta nella misura massima del 20 per cento della tariffa in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti. In presenza di una situazione di disfunzione «apprezzabilmente protratta nel tempo», sostiene il giudice, la legge attribuisce all'utente - in presenza di una accertata emergenza sanitaria - la facoltà di provvedere a proprie spese, «con diritto allo sgravio parziale» sul pagamento della Tari. Nel caso dei residenti a Settebagni è stato riconosciuto un rimborso del 20 per cento per un motivo preciso: «In considerazione della circostanza - ammessa dagli stessi ricorrenti - secondo cui i rifiuti venivano comunque prelevati, seppure con un ritardo cronico di circa quattro giorni». Una circostanza che si verifica in moltissime zone della Capitale e che ora fa piombare sull'amministrazione lo spettro di ricorsi a valanghe. In migliaia, tra comitati di quartiere, associazioni di consumatori e semplici cittadini infuriati, stanno infatti preparando o hanno già presentato un ricorso per ottenere l'indennizzo. Anche secondo il pm Carlo Villani, estensore della sentenza della Commissione tributaria sul caso del ristoratore della Bufalotta, «queste decisioni possono costituire un precedente importante». In entrambi i casi è stata respinta le tesi difensiva dell'Ama, che si basa sul presupposto che per applicare la Tari basti «la mera detenzione, a qualsiasi titolo, di un immobile idoneo a produrre rifiuti soldi urbani». E che quindi il contribuente sia tenuto a versare il tributo a prescindere dall'effettivo utilizzo del servizio. Un principio, spiega il pm Villani, «corretto solo in linea di principio, ma che non trova riscontro nella legge. È il legislatore stesso che prescrive un'eccezione alla regola generale, nella misura in cui prevede un vero e proprio rimborso parziale di quanto pagato dal contribuente in caso di non effettuazione del servizio», o in caso di distanza eccessiva dai punti di raccolta.
L'Ama impugnerà sicuramente le sentenze davanti alla Commissione tributaria regionale, e poi il caso dovrebbe finire in Cassazione. Ma sul punto ci sono già alcuni precedenti della Suprema Corte, che ha più volte stabilito che «il diritto alla riduzione della tassa presuppone che l'effettiva erogazione del servizio di raccolta sia svolto in grave difformità dalle previsioni legislative e regolamentari, relative alle distanze e alle capacità dei contenitori e alla frequenza della raccolta». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero