Dove c'è emergenza, c'è Salvatore Buzzi, l'imputato numero uno del processo contro Mafia Capitale. Il ras delle cooperative può tutto e raggiunge...
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L'EMERGENZA
La storia risale al 2013. Malagrotta sta per chiudere e l'Ama ha il problema di dove portare i rifiuti. Ai vertici della municipalizzata, in quel momento, c'è Giovanni Fiscon, poi travolto anche lui dall'inchiesta sulla mafia romana. Muraro è consulente dell'Azienda e, quasi certamente, deve aiutarlo a cercare una soluzione. Si deve fare in fretta. A quel punto Ama si rivolge a Federambiente e chiede la lista dei possibili impianti da utilizzare. Buzzi e le sue coop non ci sono e, infatti, non riusciranno a entrare nell'affare. Ma in quelle ore i vertici della municipalizzata spenderanno ogni energia per cercare una soluzione a favore del Cns, il Consorzio nazionale servizi di Bologna, di cui il ras delle coop è membro del consiglio di sorveglianza.
Ma non è tutto. La signora, conosciuta e stimata nel suo ambiente, sembra avere particolare facilità a tessere i rapporti. E così, tra le sue conoscenze, che ora destano qualche sospetto a piazzale Clodio, c'è anche quella con un altro ras, ma delle discariche, il novantenne Manlio Cerroni. Nel fascicolo assegnato al pm Alberto Galanti ci sono intrecci, diretti e soprattutto mediati, tra i due. A cominciare dalla affare cassonetti che a Roma, in sostanza, portano tutti al ras dell'immondizia. Così come la stragrande maggioranza delle inchieste sul ciclo dei rifiuti. Cerroni, plurindagato, è sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di immondizia. Accusa che la Procura gli contesta anche in una delle nuove indagini. L'ultimo anello di congiunzione tra Muraro e il Supremo è lo scontro che lei ha avuto con il presidente dimissionario dell'Ama, Daniele Fortini, sull'utilizzo del tritovagliatore di Rocca Cencia.
I SOSPETTI
L'impianto è della Colari, azienda di Cerroni, ed è inattivo da marzo. L'assessore dichiara che sarebbe necessario riaprirlo. Poi, però, si scopre che lo stabilimento è al centro di un'inchiesta della direzione distrettuale antimafia. Indagini che sono collegate a un'altra vicenda che coinvolge gli impianti di Trattamento meccanico biologico capitolini, due dei quali di proprietà dell'Ama e controllati proprio dall'assessore quando lavorava come consulente per la municipalizzata. Il sospetto degli inquirenti è che i Tmb abbiano smaltito meno rispetto a quanto stabilito nel contratto di servizio. Un rallentamento che potrebbe avere avuto come conseguenza dirottare la spazzatura nel tritovagliatore. Inoltre, c'è un altro filo rosso che sembra legare Muraro al Supremo, ed è sempre riguardo ai Tmb romani e alla società che li ha costruiti, la Sorain Cecchini, ditta sempre riconducibile a Cerroni. L'azienda compare nell'elenco dei soci di Atia-Iswa Italia, associazione che riunisce i tecnici gestori dei rifiuti e di cui il neo assessore è stato presidente - ora uscente - dal 2014.
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Il Messaggero