I turisti, molti anche provenienti da Roma, che a Copenaghen corrono a scattarsi una foto vicino alla Sirenetta, sullo sfondo vedono il grande inceneritore progettato...
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EUROPA
Attualmente l'impianto riceve anche rifiuti del Regno Unito, che brucia insieme a quelli danesi. Ma Roma non puntava sulla Svezia? Roma deve fare presto, perché in autunno si rischia una nuova crisi, visto che la manutenzione del tmb di Malagrotta terminerà più tardi del previsto a causa di un incidente probatorio in corso per una inchiesta giudiziaria. In sintesi: tornerà a lavorare a pieno regime probabilmente solo a fine ottobre. E anche l'accordo con l'Abruzzo sta per scadere (è stata chiesta una proroga per altre 10 mila tonnellate). Gli inceneritori di Stoccolma e Goteborg hanno dato disponibilità, ma i tempi per veder partire le prime navi sono più lunghi del previsto e bisognerà attendere probabilmente ottobre. Ama, per mettere in sicurezza il sistema e non trovarsi sempre a corto di impianti, vorrebbe poi concludere una serie di contratti per almeno 3 anni e 100mila tonnellate di rifiuti.
TEMPI
In sintesi: serve più tempo per concludere le intese con la Svezia, meglio seguire anche altre piste. Ed ecco allora Copenaghen che qualcuno inizialmente nel Movimento 5 Stelle (da sempre anti inceneritori) avrebbe voluto evitare perché è un impianto simbolo portato ad esempio da Salvini, che al contrario è favorevole ai termovalorizzatori.
NUMERI
La ricerca di intese in tutta Europa sta andando avanti, seguita da vicino da Dipartimento ambiente di Roma Capitale, dal consigliere di amministrazione di Ama, Massimo Ranieri, ma anche dal Ministero dell'Ambiente perché la Caporetto di giugno e luglio ha dimostrato che il sistema va messo in sicurezza, a tutti i costi. Si stanno per questo valutando anche altre destinazioni: oltre alla Bulgaria, di cui si era parlato inizialmente, anche l'Olanda e l'Austria (dove Roma ha già portato i rifiuti). A tutti i costi, si diceva. Ma quanto spenderemo per esportare i rifiuti per tre anni? La stima che è stata fatta ipotizza almeno 200 euro a tonnellata, che significa 20 milioni di euro all'anno. Ma in queste ore, più dei costi, comunque alti, preoccupano i tempi, perché il «paracadute» estero viene considerato indispensabile.
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Il Messaggero