Condanna a cinque anni di reclusione per il rapper romano Alessandro Cesaretti, noto con il nome di Big Schizo, riconosciuto come l'autore di una serie di rapine ai danni di...
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Alessandro Cesaretti, ventiseienne originario del quartiere Don Bosco, è conosciuto come appartenete al filone detto gangasta rap, un genere importato dagli Usa particolarmente esplicito nei testi violenti e criminali dove tutto gira intorno alle droghe, il sesso e le armi. Non sarà un caso che l'ultimo cd di Big Schizo si intitoli 628, un chiaro riferimento all'articolo del codice penale che punisce il reato di rapina. Tra i suoi brani più cliccati nella rete Mi vida bandita e omertà dove, in quest'ultimo pezzo, se la prende con chi denuncia: na parola giù in Questura e ti fa incarcerà, ma io sto ancora qua a quaquaraquà.
L'arresto di Alessandro Cesaretti è avvenuto nel gennaio del 2014 al termine di una indagine che lo ha riconosciuto autore di 19 colpi armato di coltello in negozi di via Tuscolana, via Appia e San Giovanni. Il tribunale lo ha ritenuto colpevole però solo di una decina di rapine dove è stato riconosciuto dalle stesse vittime, sempre commesse donne. Tra i negozi rapinati dal rapper ci sono profumerie, negozi di intimo, abbigliamento e farmacie.
LE INDAGINI
In particolare Big Schizo attendeva che la commessa rimanesse da sola nel negozio per agire indisturbato armato di una piccola lama o un taglierino e farsi poi consegnare l'incasso. In alcuni casi ha puntato la lama al collo della malcapitata. Gli investigatori sono arrivati a lui grazie alle immagini riprese dalle telecamere installate in alcuni negozi e poi confrontate con quelle dei suoi video musicali su youtube. «Il mio assistito - ha detto il difensore di Alessandro Cesaretti, l'avvocato Andrea Farina - sta svolgendo un progetto all'interno del carcere di Rieti soprattutto attraverso l'aiuto fondamentale della direttrice, degli educatori e degli operatori di polizia penitenziaria, chiamato Music in the wall. Questo percorso si sta rivelando molto utile sotto il profilo educativo e rieducativo della pena, coinvolgendo anche altri detenuti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero