Roma, il contratto-capestro M5S firmato da Raggi verso l'annullamento

Raggi
ROMA La camera di consiglio è prevista per oggi. I giudici del Tribunale civile di Roma stabiliranno se il contratto di fedeltà, firmato da Virginia Raggi lo scorso...

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ROMA La camera di consiglio è prevista per oggi. I giudici del Tribunale civile di Roma stabiliranno se il contratto di fedeltà, firmato da Virginia Raggi lo scorso aprile, che prevede anche una penale da 150mila euro per i consiglieri eletti con i 5Stelle in caso di violazione dei principi del Movimento, sia nullo. O se, addirittura, in alternativa, il sindaco di Roma che lo ha sottoscritto debba essere dichiarato decaduto. La decisione, probabilmente sarà nota solo nei prossimi giorni, quando sarà depositata la sentenza.


Il ricorso, presentato dall'avvocato Venerando Monello e poi rivendicato dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà, potrebbe costituire un precedente: se davvero i giudici stabilissero che il contratto è nullo, in quanto chi è eletto risponde soltanto ai cittadini, il principio varrebbe, automaticamente, anche per tutti gli esponenti dei Cinque Stelle che svolgono ruoli istituzionali. In questo caso, quello più probabile almeno secondo l'opinione dei costituzionalisti, è certo che la decisione verrebbe impugnata dai legali del Movimento.

LA DIFESA
Le sensazioni del legale di Beppe Grillo, Paolo Morricone sono ottimistiche: «La Corte Costituzionale ha detto che i casi di ineleggibilità sono tassativi e non si possono interpretare in via estensiva e analogica». Inoltre, pure le cause di nullità del codice, richiesta in subordine da Monello, non ci sono secondo il legale pentastellato perché avrebbero dovuto chiamare in causa tutti i consiglieri che hanno firmato. Le dimissioni di cui si parla nel codice inoltre, secondo l'avvocato, sono «una sanzione etica che i candidati accettano di adottare come impegno morale nei confronti degli elettori». Perciò, il codice firmato da Virginia Raggi è valido in quanto «contratto associativo tra i partecipanti a una competizione elettorale e l'associazione M5S».

«Contiene norme di carattere etico ribadisce Morricone - e anche se non sono coercibili giuridicamente non determinano comunque la validità del contratto che non influisce sull'attività politica della sindaca o dei consiglieri». E allora la penale da pagare per chi sgarra? Risponde Morricone che «i soldi sono una pre-quantificazione economica in caso di effettivo danno di immagine, ad esempio dichiarazioni diffamatorie contro il M5S rese alla stampa, infatti, a prescindere da questo codice se c'è una diffamazione contro il Movimento può scattare un danno di immagine».

La penale è salatissima perché sarebbe quantificata in base alla rilevanza mediatica di Roma: «Stiamo parlando di un ruolo importantissimo, quello di amministrare la Capitale d'Italia». L'avvocato di Grillo fa capire che si sono presi in considerazione diversi fattori e ha calcolato che «è quanto solitamente chiedono come risarcimento i politici che si sentono diffamati a Roma». Per questo c'è una fascia di valore economico così alta. Varrebbe anche a Torino, dice, solo che lì non c'è la predeterminazione del valore economico.


La valutazione se si verifica questo danno d'immagine comunque spetterebbe esclusivamente al garante, che è il presidente dell'associazione M5S, Beppe Grillo. Infine, il legale ribadisce che «il contratto è stato subito pubblicato online prima che fosse firmato, e non c'è dunque segretezza, l'associazione M5S è ben nota e codici di autoregolamentazione li hanno anche gli altri partiti, come il PD che ne ha firmato uno nel 2008». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero