«Chiamerò Sorrentino», Raggi risponde all'appello del regista per Roma

«Chiamerò Sorrentino», Raggi risponde all'appello del regista per Roma
«L'urletto di dolore» di Paolo Sorrentino per una «Roma ferma e ferita» viene raccolto da Virginia Raggi. Spiega infatti la sindaca: «Ho letto...

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«L'urletto di dolore» di Paolo Sorrentino per una «Roma ferma e ferita» viene raccolto da Virginia Raggi. Spiega infatti la sindaca: «Ho letto con molto interesse l'intervista di Sorrentino a Il Messaggero: lo chiamerò per ascoltarlo. Il suo linguaggio non è differente dal nostro». Il regista dalla sua finestra con vista su piazza Vittorio, nel cuore del quartiere Esquilino, ha fotografato una Capitale che poco ha a che fare con le albe della Grande Bellezza, ma anche con le santità di The Young Pope. Una Roma dove «mancanza di manutenzione ordinaria, insicurezza, piccola criminalità, assenza di un tessuto commerciale costringono i residenti a vivere in un degrado quotidiano». Che si tocca all'Esquilino - cuore inoltre di una globalizzazione violenta - come nel resto dei quartieri. Sorrentino ha sottolineato la «mancanza di idee e futuro» dell'amministrazione pentastellata e ha invitato Raggi a farsi un giro nel quartiere umbertino, alle spalle della stazione Termini («Se vorrà, le farò da Cicerone»). Un modo per ascoltare i cittadini e la associazioni.


IL SEGNALE
Ora la sindaca risponde: «Sì, lo chiamerò e lo ascolterò e vorrò fargli capire che la città sta cambiando. Ci fa piacere - continua l'inquilina del Campidoglio - aprire un dibattito e un confronto costruttivo. Il suo linguaggio non è differente dal nostro, anzi ci sono più punti di contatto di quanto non sembri». Anche sulla richiesta di dare voce ai comitati che animano questo spicchio di Roma, come tanti altri, la grillina si è detta più che a favore («Lo stiamo già facendo in giro per la città»). La finestra di Sorrentino sulla Capitale ha acceso il dibattito politico. Il Pd, con la capogruppo in Comune Michela Di Biase, è «pronto a raccogliere l'allarme» del regista. Proponendo «sgravi e incentivi per chi decide di puntare su Slow food' e Made in Italy di qualità» sotto i portici di piazza Vittorio. «Che dovrà essere anche oggetto di un consiglio comunale straordinario», rilancia Stefano Fassina (Si). Ma è l'«urletto di dolore» per Roma di Sorrentino a trovare consensi ovunque. «Concordo con gli aggettivi ferma e ferita», spiega sintetico via sms Edoardo Albinati, vincitore dell'ultimo Premio Strega con un romanzo ambientato nel quartiere Trieste a Roma nella prima metà degli anni Settanta.

I CONFRONTI
Un altro Strega (nel 2015) come il pugliese Nicola Lagioia ammette da romano adottivo che «purtroppo le energie della Capitale non vengono sostenute dalle istituzioni». Da scrittore sottolinea: «Perché Bologna ha una Sala Borse, Torino il circolo dei lettori e la Capitale no?». Lagioia non può fare a meno di sottolineare una «decadenza» che sta vivendo Roma da dieci anni a questa parte. Ma non si perde d'animo: «Questa città riesce sempre a sopravvivere alla storia». L'attore Massimo Ghini è molto diretto: «Condivido l'analisi di Sorrentino, le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti. Dopo due amministrazioni fallimentari, una per problemi di legalità e l'altra per superficialità, adesso c'è un fantasma che amministra». Insomma dice Ghini già consigliere comunale del Pds nel 93 con Rutelli, dopo «lo tsunami adesso c'è il silenzio» grillino. Enrico Vanzina parte da un ricordo: «Peppino Patroni Griffi diceva che i sindaci di Roma erano come capistazione: erano bravi a fare le aiuole. Prima si diceva che a Roma meno fai e meglio è, altrimenti si fanno guai, ma adesso il mondo è cambiato e serve una visione post moderna che non vedo all'orizzonte».

LE SFIDE

Per Vanzina la Capitale è «il fanalino di coda del mondo, non me la prendo solo con chi c'è adesso da pochi mesi». Di sicuro continua il regista e produttore cinematografico «la prima sensazione di un turista che arriva a Roma è quella di una città antica che è bella perché antica ma è rimasta antica». Massimo Wertmüller prende la crisi romana da un'altra angolatura: «Io trovo che l'eredità che ha trovato questa amministrazione è tremenda. Quando mi affaccio dalla finestra vedo una galoppante maleducazione civica dei romani e non solo, come se fosse un segnale di non amore, come se fuori dai nostri portoni non ci fosse la nostra città ma un non luogo. Sono comunque fiducioso: il romano che ama questa città deve sperare».
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Il Messaggero