«Ci penso io». Scaltro, spregiudicato e invisibile. Raffaele Marra, finito in carcere con l'accusa di corruzione insieme al costruttore Sergio Scarpellini,...
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La scorsa estate una volta a settimana l'allora mini direttorio romano (Lombardi, Taverna; Perilli e Castaldo) lo convocava chiedendogli documenti e certificati penali: «Mi trattano come un delinquente», si lamentava il super dirigente, salvo riuscire alla fine a vincere il braccio di ferro forte della sponda di Virginia. Alla fine il mini direttorio si dimise in blocco e dopo poco anche l'altra coppia di nemici interni, la capo di gabinetto Carla Raineri e l'assessore al Bilancio Marcello Minenna, lasciarono il il Campidoglio.
Guerre vinte da "don Raffaele" nonostante le critiche dei vertici grillini in parlamento. Ma la sindaca lo ha sempre difeso: «Se lui va via mi dimetto». Ufficiale della Guardia di Finanza, si butta sulla pubblica amministrazione dieci anni fa: vincendo un concorso, avvolto ancora nel mistero, come dirigente dell’Unire diretto da Franco Panzironi, con Gianni Alemanno ministro dell’Agricoltura. Marra seguirà Alemanno in Campidoglio come dirigente responsabile delle politiche abitative, fino alla rottura e il passaggio in Regione con Renata Polverini.
Prima un altro intermezzo: responsabile sicurezza in Rai con Masi direttore generale. Non solo Raffaele, ma anche Renato e Catello. Anche per gli altri fratelli Marra c’è stato spazio nelle cronache: Renato, anche lui ex finanziere, da dirigente dei vigili è diventato lo scorso novembre responsabile del dipartimento Turismo. Catello, uscito dalla Fiamme gialle per un guaio legato a concorsi truccati, si è dato alla diplomazia a Malta, dove è “governatore” di ente diplomatico. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero