Quella via che porta al Papa

Quella via che porta al Papa
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LA STORIA
Uno dei più grossi sventramenti urbanistici di Roma voluti dal fascismo (Fori, piazza Augusto Imperatore, Campidoglio, ed altro ancora), si conclude soltanto nel 1950: quando il duce e il regime se ne sono andati ormai da cinque e sette anni. Per l'Anno Santo 1950, infatti, si inaugura via della Conciliazione, che «porta al Papa»: e se ne collocano i 28 obelischi-lampioni, progettati da Marcello Piacentini, che sembrano un po' egizi e un po' assiri; detti anche, in modo irriverente, «le supposte». Lo sventamento dei Borghi non era previsto dal piano regolatore del 1930: proprio quello che Piacentini presenta a Benito Mussolini, «sulla base dei concetti che Voi stesso illustraste, con largo respiro di petto romano e sintentica lucidezza di mente latina». Vi si opponeva Gustavo Giovannoni, eminente ingegnere: rischia il confino. Mussolini e Pio IX vedono il progetto nel 1936: a Castel Sant'Angelo, e nelle Logge di Raffaello. Fa «tabula rasa» di 555 mila metri cubi, e di 43 mila metri quadrati; distrugge 800 appartamenti; caccia 4.992 persone: un terzo buono degli abitanti dell'antico rione.


PROBLEMA ANTICO
A un certo punto, montandolo su ruote per collocarlo in più posizioni ed esaminarne gli effetti (fortunatamente, non si realizzerà), nel 1938 si prova dal vero perfino un «nobile interrompinento»: un portico che avrebbe celato la facciata della Basilica di San Pietro. Il problema era antico. Già a metà Trecento si pensa come allargare gli spazi angusti che esistevano. Ci provano e progettano Niccolò V Parentucelli, Sisto IV della Rovere, Alessandro VI Borgia, Sisto V Peretti, Giuseppe Valadier. E l'intervento sulla «spina dei Borghi» è il più contestato dei tanti sventramenti. Perché sacrifica il bramentesco Palazzo dei Convertendi, 60 mila metri cubi (malamente ricostruito, e lo vedremo); anche una fontana, spostata a Sant'Andrea della Valle; e un intero e storico tessuto urbanistico.

CIÒ CHE RESTA
Restano, dove erano, Santa Maria in Traspontina, chiesa del Cinquecento (Giovanni Peruzzi e Mascherino; all'interno, dipinti anche del Pomarancio), e i due palazzi che un tempo si fronteggiavano a Piazza Scossacavalli, uno slargo per dare aria ai Borghi. Uno è Giraud-Torolonia, l'altro è dei Penitenzieri; infatti, rispetto all'asse stradale, sono un po' obliqui. Palazzi Giraud è del Cinquecento, forse di Andrea Bregno, creato per il segretario di Alessandro VI, e poi sede degli ambasciatori inglesi. Perché la piazza fosse chiamata così, non si sa: una storia di cavalli che portano le reliquie e si rifiutano di procedere, o il ritrovamento dei resti marmorei di gambe («coxa») equine di sculture equestri? Se nell'Ottocento le feste a palazzo Giraud erano famose, tutt'altra storia ha l'edificio dei Penitenzieri. I pellegrini stranieri, per confessarsi avevano bisogno di un interprete; che poi chiedeva d'essere pagato per tenere il segreto. Benedetto XII Fournier, pur vivendo a Avignone, crea la Confraternita dei Penitenzieri: soprintendevano alle confessioni, assistevano i pellegrini; nel Seicento avranno il palazzo eretto da due secoli da Baccio Pontelli, per il cardinale Francesco della Rovere. Ora, a metà è l'albergo Columbus, e a metà sede dell'Ordine del Santo Sepolcro. Conserva, tra l'altro, saloni affrescati da Pinturicchio.

LE RICOSTRUZIONI

Tutto il resto, è fasullo. Palazzo dei Convertendi, dove morì Raffaello, è stato ricostruito malamente di fronte; quello Serristori, cinquecentesco, demolito; quello del Governatore, trasferito, «con aggiunta di attico e archi»; rimontato (altrove) anche quello raffaellesco di Giacomo di Bartolomeo da Brescia, chirurgo di Leone X; e quello degli Alicorni, «gioiello della Rinascenza» con corte e loggia, restaurato nel 1927 è demolito due anni dopo: i brandelli erano in magazzino, traslocati nel palazzo del Governatore, in Borgo Santo Spirito. E' un guazzabuglio. Prima, era più difficile giungere al tempio della cristianità; ma era sicuramente più poetico: dopo tante viuzze, il colonnato di Bernini appariva come un'autentica meraviglia, un colpo di teatro. Ora, davanti c'è uno stradone.
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Il Messaggero