Su Instagram ha preso più cuori la foto di un gatto trasteverino che un mio selfie. @massimoinlove Qui visse...
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@massimoinlove
Qui visse Pupone. «Gatto trasteverino. Animo d’onore e libertà. 14-8-2009». Vicolo del Leopardo 11. Una targa di marmo con un fiocco rosso, tra pupazzi di mici e topi. La porta di casa di Pupone dà sulla strada. Permesso? Scusi, signora. Solo una curiosità, ho letto la targa qui fuori...
Pupone, sospira lei, malinconica e fiera, come se fosse lì ad aspettare che qualcuno le chieda di ricordare. «Era l’ultimo gatto romano. Grasso e rosso, di quelli di strada, lo amavano tutti a Trastevere. Questa è la sua foto». Apre l’anta di una vetrinetta, ci sono altre foto del gatto, uno striscione giallo rosso Pupone, la maglietta di Totti (il nome in omaggio al Capitano), un libricino “Il Pupanesimo”, un ritratto, un barattolo con un pelo rosso. «È il museo di Pupone. Era speciale».
La storia - o la leggenda - è questa: il gattone viveva tra i vicoli, una signora americana lo “rapì”, voleva portarlo via. Il rione insorse, Fiorenza Cipollone in prima linea. Lo cercarono per settimane, finché non fu trovato dai carabinieri che lo affidarono in custodia alla signora di vicolo del Leopardo. Pupone divenne un simbolo, ogni anno l’8 maggio nel rione si festeggiava la sua liberazione: tavolata in strada (con autorizzazione del municipio) e polpettone di pollo con le candeline, palloncini giallorossi, Trastevere brindava a un gatto. Ma chi l’ha scritto “Il Pupanesimo”? Lui ovviamente, Fiorenza apre il libricino e sorride alle pagine bianche. Aveva capito tutto, Pupone, della sua città: te la devi inventare ogni giorno.
maria.lombardi@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero