Lazio, pronto soccorso a rischio: flop dei bandi per medici

Pronto soccorso a rischio: flop dei bandi per medici
I medici dei pronto soccorso guardano già con timore all’autunno. Si attende per quel periodo una nuova ondata di contagiati da Covid legata all’ultima coda...

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I medici dei pronto soccorso guardano già con timore all’autunno. Si attende per quel periodo una nuova ondata di contagiati da Covid legata all’ultima coda delle vacanze e alle riaperture delle scuole. Inizia la stagione dell’influenza. E, soprattutto, continuano a mancare personale nei reparti di medicina d’urgenza. Secondo Giulio Maria Ricciuto, presidente del Simeu (Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza) del Lazio, «soltanto nella nostra regione ci sono circa 350 postazioni vacanti». Un numero altissimo, se si pensa che è superiore al 10 per cento del deficit di questo personale a livello nazionale. «E se continua così - aggiunge Ricciuto, primario del pronto soccorso dell’ospedale Grassi di Ostia - rischiamo la chiusura di una serie di pronto soccorso in provincia di Roma. Ma la situazione nella Capitale non è meno drammatica». Ma il vero dramma è che quasi impossibile trovarli, visto che in pochissimi si presentono ai concorsi banditi da Asl e aziende ospedalieri.

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Stipendi bassi

Nei pronto soccorso del Lazio lavorano circa 4mila medici. E negli anni la loro attività è aumentata progressivamente: si va nei reparti di medicina di urgenza anche per sopperire alla difficoltà di accesso agli studi dei medici di base, per superare le code imposte dalle liste d’attesa o, con la crescita della povertà, per provare a bypassare i costi delle prestazioni nel privato. Una situazione che è diventata ancora più insostenibile durante le varie ondate di Covid. Racconta il primario di un Dea romano: «Non soltanto manca il personale e cresce la domanda di assistenza, ma in moltissime strutture facciamo fatica a garantire la presenza di specialisti durante le 24 ore: sono vacanti almeno il 30 per cento dei posti di cardiologi, ortopedici o psichiatri. E non si garantisce la qualità delle cure se un gastroenterologo deve intervenire in caso di infarto».

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Per capire quanto il deficit di personale sia comune a tutte le strutture, basta vedere il bando che - su spinta della categoria - il Lazio si accinge a lanciare per l’assunzione a tempo indeterminato di 153 dirigenti medici di medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza in dieci aziende regionali. Abbiamo 7 posti per l’azienda capofila, al San Giovanni Addolorata, 5 al Policlinico Umberto I, 2 al Sant’Andrea, 10 nella Asl Roma 3, 15 nella Roma 4, 20 nella Roma 5, 31 nella Roma 6, 20 nella Asl di Frosinone, 8 in quella di Viterbo, 35 per il servizio Ares 118.

Il flop dei bandi

Ma finora neanche la leva dei bandi sembra riuscita invertire la china. Alla selezione lanciata qualche mese alla Asl Roma 5 per una cinquantina di posti si sono presentati in cinque; in quella organizzata al San Camillo, a fronte di una quarantina di postazioni, hanno partecipato in quattro. E non avrebbe avuto neanche successo il bando lanciato nei mesi scorsi dall’Asl Roma 1 per trovare quindici dirigenti medici per l’urgenza.


Conclude Ricciuto: «Scontiamo una serie di fattori: l’altissimo turnover, la poca attrattività che ha oggi il lavorare al pronto soccorso, gli stipendi bassi e le tante responsabilità, con fortissimi rischi di subire denunce. Senza dimenticare che già prima del Covid, per attutire il deficit di personale, abbiamo reclutato tanti neolaureati o laureandi in medicina. I quali, però, quando iniziano la specializzazione, devono lasciare i pronto soccorso». Intanto nel Lazio cresce il ricorso a sanitari contrattualizzati come cocopro e il peso di cooperative, che cercano medici in altre regioni e li forniscono alle aziende ospedalieri come sta avvenendo a Civitavecchia e a Palestrina. «Ma così - nota Ricciuto - non si aumenta la qualità dell’assistenza o si rende più appetibile questa professione».

 

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Il Messaggero