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Tre strisce un po’ sbiadite, uno scooter che corre, un uomo travolto e pressoché morto. L’ennesimo incidente sulle strade della capitale, stavolta è capitato all’incrocio tra via Mamiani e piazza Vittorio, venerdì alle 8. Ma non è solo un morto in più, una scena a cui invano si fa finta di abituarsi. La vittima, in coma irreversibile all’ospedale San Giovanni, ieri in serata la mamma ha autorizzato l’espianto degli organi, è Marco Visentin, 50enne, da un anno allo scientifico Righi, prima al Margherita di Savoia. Docente, giornalista, scrittore, insegnava storia e filosofia in un modo che i ragazzi avevano imparato ad amare intensamente. Abitava all’Esquilino, era andato al mercato. Gli amici, a partire da Romina Pepe lanciano un appello a chiunque avesse visto: una yamaha tmax guidata da un italiano ricoverato non grave al Santo Spirito l’avrebbe centrato. «Lui era il mio migliore amico, gentile, colto, spiritoso, generoso: è rimasto a terra, ferita profondamente l’arteria femorale - racconta quel poco che sa - perde tantissimo sangue, ha battuto la testa». I suoi studenti lo attenderanno invano, «sotto il cranio si crea un ematoma enorme, lo manda in coma irreversibile. Vittima di una città dove l’assenza di sanzioni anche solo di un videocontrollo e un arredo urbano civile».
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I ricordi
Fin qui il dolore degli adulti. C’è molto altro. C’è un esercito di “orfani” del prof che si era fatto amare con la sua didattica alternativa, la sua presenza costante anche sotto il lockdown, «non mollate ragazzi», ripetuto anche nell’ultima lezione. Un rapporto speciale testimoniato dai messaggi lunghi troppo lunghi per entrare in 60 righe di questi giovani restii di solito ad aprirsi.
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E i ricordi montano, Leonardo Zini del IV N non dimenticherà mai quella sera «durante il lockdowun, un mio compagno di classe stava caricando una presentazione su google classroom, nell'attesa abbiamo con i compagni organizzato una videochiamata Zoom con Marco, tanto per passare il tempo. Una mezz'ora che non scorderò mai piena di risate, vedevamo Marco non come un professore ma come un amico, un nostro pari, scherzavamo con lui, addirittura lo prendevamo un po' in giro. Ci mostrava come riuscisse a bere dei bicchieri di alcolici come se nulla fosse solo per rendersi forte ai nostri occhi, come se pensasse di non essere all'altezza: in realtà per noi era come un idolo, volevamo e vogliamo tutt'ora diventare comelui. non il solito adulto noioso, ma sempre con il sorriso sul viso arzillo e giovane dentro. Sconvolte anche le colleghe. Anna Cipolletta: «Un collega bravo, sensibile attento e capace di ascolto e analisi. La sua nobile gentilezza e il suo sorriso cortese resteranno sempre nei miei ricordi, è stato un piacere lavorare con lui». Infine la professoressa Lepore: «Era speciale, colto, gentile, simpatico e di grande dignità. Era stimato dai suoi docenti e da tutti coloro che lo conoscevano. Era un guerriero che però non è riuscito a vincere la sua ultima guerra. I nostri lunghi discorsi sono stati di grande sostegno per me, mi mancherà molto, ho un gran vuoto nell'anima».
Le indagini sono in corso per ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente, attraverso testimoni e le telecamere di sorveglianza della zona. Il prof era in prossimità delle strisce, riferiscono i vigili, quando è stato travolto dallo scooter. L'investitore rischia l'accusa di omicidio stradale.
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