Case allagate, famiglie nelle parrocchie Il dramma degli sfollati a Prima Porta «Abbiamo perso tutto»

Case allagate, famiglie nelle parrocchie Il dramma degli sfollati a Prima Porta «Abbiamo perso tutto»
Omar Mounir ha 12 anni, tiene stretta la mano della mamma sdraiata sul letto con le coperte colorate donate da Don Dario. ...

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Omar Mounir ha 12 anni, tiene stretta la mano della mamma sdraiata sul letto con le coperte colorate donate da Don Dario.


«Tranquilla mamma - le dice - è tutto finito». È finita la corsa verso la salvezza, sbarrata da oltre un metro d’acqua e da quella porta della cucina che non riusciva ad aprirsi. Omar mostra sul cellulare le foto della casa allagata a Prima Porta, mentre la strada veniva inghiottita da un fiume di fango. Lui, 12 anni, ha salvato i genitori: «Sono riuscito ad aprire la porta e ho portato in salvo mamma e papà».



VIDEOINTERVISTE



LA PROTESTA

Nel pomeriggio a Prima Porta ancora invasa dal fango arriva il sindaco. «Dicono che la colpa è nostra - si sente dire tra i residenti avvolti nei giacconi - però le tasse se le prendono e se le fanno pagare». Qualcuno si avvicina al sindaco e protesta: «Sindaco - ha detto a Marino una volontaria - noi ci siamo rimboccati le maniche, ma io stavo qui quando è successo, non ha traboccato la marana. L'acqua veniva su dai tombini, i tombini buttavano aghi di pino, quindi veniva da sotto. C'è carenza di manutenzione». «Dobbiamo trovare soluzioni - si è giustificato il primo cittadino - bisogna aumentare le idrovore». «Ma i tombini sono pieni di melma appiccicosa, sono stati alzati dall'acqua» ha ribadito la donna.



GLI AIUTI

Decine di famiglie hanno perso le loro case. «Stiamo aggiungendo letti» dice Don Dario Pompeo Criscuoli, parroco della chiesa Sant’Alfonso Maria de’ Liguori in via della Giustiniana. Gli sfollati aumentano: sono oltre 200 e una cinquantina ha trovato ospitalità in chiesa. Ma c’è un problema, avverte la Protezione civile: non possono restare più di tre giorni per ragioni igieniche, non possono farsi le docce. Ieri sono stati portati dei bagni chimici «un’azienda vicina li ha donati». Inizia la corsa contro il tempo di don Dario e dei volontari per trovare una sistemazione alternativa. Ornella Santini piange: «Io resto con don Dario, non me ne vado, è il nostro angelo». Alle 14 è ora del pranzo, poi si torna a lavoro. I volontari portano pasti e pale per spalare fango a chi spera di recuperare qualcosa dalle case inondate. Cristina Zarif è disperata: «Abbiamo perso tutto, abbiamo trascorso la notte nella parrocchia, come faremo?». Cristina parla «dell’assenza di aiuti» del fatto che «da soli abbiamo dovuto provare a togliere l’acqua dall’appartamento, ma dov’è la Protezione civile?»: Accanto a Cristina c’è Lorenzo 13 anni: il suo unico collegamento con gli amichetti e quel cellulare per avvertire che forse domani non andrà a scuola. «La notte in parrocchia? È strano, ho dormito poco, spero di tornare presto a casa».



Ma la casa di Lorenzo, in pratica, non c’è più, travolta dall’acqua. Nel pomeriggio l’annuncio: quattro famiglie verranno trasferite in un hotel vicino a spese del Comune. «Hanno paura di essere dimenticati lì - dice don Dario - io continuerò a seguirli, verrò a trovarli due volte al giorno».

laura.bogliolo@ilmessaggero.it





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