Roma, le ultime parole del negoziante ucciso a Prati da un tassista: «Joelson non voleva pagarmi il vino»

Roma, le ultime parole del negoziante ucciso a Prati da un tassista: «Joelson non voleva pagarmi il vino»
Nino, sgozzato dal trentenne che conosceva sin da piccolo, l'ha detto al suo primo soccorritore, una persona che sta al primo piano, ha sentito le urla ed è sceso,...

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Nino, sgozzato dal trentenne che conosceva sin da piccolo, l'ha detto al suo primo soccorritore, una persona che sta al primo piano, ha sentito le urla ed è sceso, l'altra notte: «Chiedeva vino ma non voleva pagare». Anche in ospedale, prima di spirare all'alba al Santo Spirito ai carabinieri della compagnia Trinfale, l'oste di Prati, ha sussurrato con un filo di voce: «E' stato Jenny, il tassinaro, indossava una giacca mimetica ed era alla guida di una macchina bianca». Da lì è iniziata la caccia all'uomo.Grazie a quella giacca i militari sono andati a colpo sicuro. Joelson Bernasconi era ancora in zona, l'hanno intravisto e inseguito da via Trionfale a Monte Mario, nonostante lui abbia cercato di investire un carabiniere. Intanto davanti al locale di Sorrentino continuano a sfilare conoscenti e amici. Portano fiori e piangono. Lasciano messaggi, come un gruppo di Ultrà romanisti (era un accanito tifoso giallorosso) e i ragazzi del Rione Prati. «Era un pezzo della mia adolescenza»; «era un pezzo del nostro quartiere»; «Nino, dopo la mia famiglia, è stato il primo a sapere che mia mamma e mio papà mi aspettavano... mi conosce da 38 anni e 9 mesi... come non continuare a dimostrare e ricambiare tutto l'affetto che ci ha donato!!!» le testimonianze sul gruppo facebook nato in suo onore.Intanto Joelson, piange e cerca il padre, disperatamente, quell'uomo a cui era profondamente attaccato. Ma non parla, come invece vorrebbe la mamma.

Resta muto, il tassista di 33 anni di origini brasiliane, adottato da piccolino, che ha ucciso a colpi di bottiglia Nino Sorrentino, 76 anni, titolare dell'Enoteca Vino e Olio di via Premuda, in Prati. Floriana Cardinali è distrutta, «abbiamo perso Joelson» l'unica confidenza fatta ai condomini che le si sono stretti attorno. «Venti anni di carcere non glieli toglie nessuno» dicono sconvolti sotto casa quanti hanno visto quel ragazzino arrivare da lontano, accudito e amato dai due dipendenti del ministero della Finanza. «La mamma si fidava - dicono - ha carpito la sua fiducia. Ora non si riesce a rendere conto, non sapeva che fosse uno scapestrato. E soprattutto non immaginava potesse fare un gesto del genere, arrivare a uccidere».Era molto attaccato al padre Aldo, Joelson, morto nel giro di un mese per un brutto male nel 2013. Da allora è cambiato radicalmente, racconta chi lo conosce, eppure nessuno si aspettava quanta rabbia avesse dentro. «Si è chiuso in se stesso, non ha nessun contatto con l'esterno e non ne vuole avere» riferisce preoccupata una vicina. «La mamma è una donna integerrima, capisce che non lo può abbandonare ma che una punizione è d'obbligo». Poi Nino lo conoscevano bene, si frequentavano da una vita, perché la nonna di Joelson abitava davanti alla sua bottega e poi lui era un personaggio noto a tutti, un'istituzione del quartiere.
 
L'APPUNTAMENTO

I funerali dovrebbero svolgersi sabato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, ma già domani il quartiere si è dato appuntamento via facebook «con birre e chitarra» in ricordo di quell'uomo conosciuto da almeno 40 anni, massacrato e lasciato in un pozza di sangue da Joelson. La sua testimonianza prima di morire è stata fondamentale per rintracciare l'assassino: due volte, nonostante i colpi ricevuti alla gola, alla testa, al viso è riuscito a parlare. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero