Roma, palazzo crollato a Ponte Milvio, «Niente posti per gli sfollati»: gli hotel dicono no al Comune

Gli hotel non si fidano del Comune. E a rimetterci sono gli sfollati. Alle richieste della protezione civile e del XV Municipio per una sistemazione per le famiglie evacuate da...

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Gli hotel non si fidano del Comune. E a rimetterci sono gli sfollati. Alle richieste della protezione civile e del XV Municipio per una sistemazione per le famiglie evacuate da via della Farnesina, si è alzato un coro di no da parte degli albergatori più vicini. Nessuno lo dice apertamente, ma il timore è che il Comune non paghi, o paghi poco o, soprattutto, lo faccia chissà dopo quanto tempo. Così di fronte alla prospettiva di ospitare «a tempo indeterminato» famiglie assistite dal Campidoglio, i cui conti sono incerti, i tempi di pagamento farraginosi e con ancora neanche una guida al Bilancio, qualcuno, almeno per il momento, ha preferito tirarsi indietro. Nonostante Federalberghi si sia messa subito in moto per aiutare la protezione civile a trovare una soluzione, finendo per prediligere i residence. Alla fine, diversi nuclei sono stati costretti ad accettare l'accoglienza in un residence di Casal Lumbroso, a molti chilometri di distanza da Ponte Milvio. Solo due coppie più fortunate hanno trovato ospitalità in altrettanti appartamenti messi a disposizione da un residence in via Sacconi, appena al di là del Tevere, al quartiere Flaminio. Altri nuclei hanno trovato assistenza in un terzo residence a ridosso di San Pietro. Nonostante da subito gli operatori si siano mossi per trovare alloggi più vicini possibili alla zona. «Non vogliamo mandare chissà dove, lontano dal quartiere le famiglie che hanno già subito lo choc di perdere la casa», diceva sabato l'assessore locale alla Scuola e Sociale Pasquale Russo.

Ieri sera, dalle 23 iniziali, le persone che hanno chiesto una sistemazione al Comune sono diventate 38 e il numero è destinato a salire di ora in ora, quando molte famiglie si renderanno conto di non potere rimanere a lungo ospiti in casa di parenti e amici. «Per il momento - spiegava a poche ore dal crollo Cristina D'Angelo, direttrice di protezione civile - garantiamo un alloggio per 30 giorni, poi dipenderà da come evolve la situazione».

L'INCUBO

Sono i tempi che spaventano gli sfollati, 120 persone in tutto. Basta guardare oltre il fiume, al Flaminio dove a gennaio crollò una porzione di palazzo a sette piani, per avere le dimensioni di un incubo. Ci sono voluti cinque mesi perché il magistrato firmasse il dissequestro, dando il via libera per il rientro delle famiglie, ad eccezione di quattro direttamente coinvolte nel cedimento. C'è poi l'incognita demolizione e ricostruzione dello stabile al civico 5. «Prima o poi le famiglie delle altre palazzine rientreranno, ma noi?», chiede Fabio D'Andrea, il medico-eroe che venerdì notte ha dato l'allarme mettendo in salvo gli altri condomini. «Adesso siamo ospiti di parenti - dice Riccardo Giovannini, consulente aziendale e docente padre di due figli di 4 e 8 anni - ma stiamo valutando l'offerta di andare nel residence. Ma non è facile decidere, perché i bambini vanno a scuola qui nel quartiere». «Molti di noi si sono organizzati con i familiari - aggiunge Massimiliano Lacca - ma la Protezione civile ci ha comunicato che il 28 ci assegneranno un alloggio in un residence qui vicino». Filippo Maria Faraci, professore al liceo d'arte di via Ripetta, era in affitto nel palazzo crollato: «Ora siamo nel residence - racconta - abbiamo perso tutto».
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Il Messaggero