Ponte di Ferro, il sogno dell'800 che univa i quartieri della modernità

Ponte nato per la prima zona industriale romana

Il 10 luglio 1863, una foto mostra il «cittadino Mastai», come Giosuè Carducchi chiamava Giovanni Maria Battista Pietro Pellegrino Isidoro Mastai-Ferretti,...

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Il 10 luglio 1863, una foto mostra il «cittadino Mastai», come Giosuè Carducchi chiamava Giovanni Maria Battista Pietro Pellegrino Isidoro Mastai-Ferretti, divenuto Pio IX, su un prato verde; senza alcuna pompa, un seguito ridotto, accanto al ponte che allora si chiamava San Paolo, creato per farvi transitare i treni da Civitavecchia a Termini. Ma lasciando passare, sotto, piroscafi e bastimenti, poiché il Tevere era ancora il maggiore itinerario con cui rifornire Roma: la campata centrale, la più ridotta delle tre, poteva infatti essere sollevata. Proprio quel giorno, sul ponte passa il primo treno; il papa-re ignorava però che stava inaugurando una delle sue ultime opere pubbliche nella Città Eterna: sette anni dopo, sarebbe divenuta Italia. Quattro giorni più tardi, la prova di carico: due treni passano simultaneamente sopra il fiume. Fino ad allora, cinque ponti in tutto attraversavano il Tevere.

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IL COSTRUTTORE BELGA
Come tante tra le opere di quel periodo, lo costruisce una società straniera: in questo caso, belga. E la stazione di Porta Portese viene pensionata. Il ponte sarà ferroviario fino al 1911: poi diverrà «dell'industria»; e quello nuovo, un po' più a monte, ne erediterà la funzione e il nome.
Da allora, il «ponte di ferro», come è comunemente chiamato, servirà ai veicoli e ai pedoni; non più nemmeno al transito delle imbarcazioni di stazza maggiore. Il nuovo nome gli deriva dall'inedita funzione del quartiere Ostiense, e di quel tratto del Tevere. Il sindaco Ernesto Nathan, dal 1907 al 1913 in Campidoglio, italo-inglese, mazziniano, massone, ebreo, laico e anticlericale, come ricorda Fabio Martini in un libro recente, creerà qui quella città industriale che Roma, in fin dei conti, non è mai stata. Già Quintino Sella proclamava che «non vi sarebbero opportuni gli impeti popolari di grandi masse di operai».

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TOTÒ E PEPPINO
La Centrale Montemartini (1912), intitolata a Giovanni, assessore di Nathan, è il primo impianto dell'antenata dell'Acea: dismessa nel 1963, è ora uno dei migliori musei che coniuga archeologia antica e industriale. Il gasometro, alto quasi 90 metri, diametro di 63, lunghi 36 km i 1.551 pali infissi, progettato nel 1909, è stato il più grande in Europa; la fabbrica è trasportata qui da via dei Cerchi, e il carbone vi arrivava sul fiume, o in treno. Poi, il nuovo Porto fluviale e i Magazzini generali (1912); il Consorzio agrario (1919); i Mercati generali (1921): un esempio fino a metà secolo. E le industrie: come l'ex Molino Biondi; e, dall'altra parte del fiume, la Mira Lanza, che produceva colle, concimi, saponi e candele usando gli scarti della macellazione del vicino mattatoio. Insomma, un'intera zona dell'Urbe muta progressivamente i propri connotati.
Tipicamente proletario, il quartiere ha un forte sviluppo urbanistico. Nel 1912 Pio X Sarto vi vuole una chiesa: a lungo ospitata in una baracca. All'inizio, è detta la zona «dei Gasisti e dei Conciatori»; e ancora oggi, qualcuno la dice «rossa», quasi rivoluzionaria. Le SS naziste nel 1944, proprio sul ponte fucilano dieci donne; avevano assalito un fornaio di loro fiducia, come ricorda ancora una lapide, su via del Porto fluviale. E il ponte è scelto da sfondo nel film «La banda degli onesti» di Camillo Mastrocinque (1956) con Totò e Peppino De Filippo.

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L'ANTICA VOCAZIONE OPERAIA


L'antica vocazione operaia e protoindustriale della zona si è perduta. Parecchio è stato riconvertito: in parte, anche il Mattatoio di Gioacchino Ersoch. E ora, il nuovo destino di quest'area si ispira all'innovazione; guarda al futuro. Tra pochi giorni, proprio nel complesso dell'ex Gasometro, vasto 12 ettari, si svolgerà Maker Faire Rome 2021: il più grande evento europeo sull'innovazione; se ne racconta in un'altra pagina del giornale. All'ombra di un ponte tra i più antichi della Roma moderna (e suona come un paradosso); ancora oggi fondamentale per la città ed il suo traffico; e che, per fortuna, non è andato tutto in fumo. Da quasi 160 anni, non più quello delle locomotive per Civitavecchia.
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Il Messaggero