C'è un buco negli ultimi giorni di Gabriele Di Ponto, un vuoto di quasi 15 giorni. Il suo piede mozzato è stato ritrovato sull'argine dell'Aniene l'11 agosto, ma...
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LE RAPINE
Manca ancora la prova definitiva del Dna, che arriverà nei prossimi giorni, ma gli investigatori della Mobile guidata da Luigi Silipo hanno pochi dubbi che il piede tagliato e ricoperto di tatuaggi simboli degli ultrà laziali non appartenga a Gabriele di Ponto, 36 anni, una vita passata dentro e fuori la galera, qualcuno gli aveva sparato addosso anni fa e zoppicava con la gamba destra. La prima rapina a 18 anni, si copre il volto con la maschera di Pulcinella per svaligiare un centro commerciale. Venne arrestato quella volta e poi tante altre ancora. I suoi affari di malavita si dividono tra La Rustica, dove abitava, e San Basilio quartiere che negli ultimi mesi è stato teatro di sparatorie tra bande per il controllo del mercato della droga. Spaccio, rapine, una lista lunghissima di precedenti. «Buongiorno a chi sta carcerato», «meglio in cella, in silenzio che a fare l'infame». Sul suo profilo Facebook i riferimenti al carcere sono continui. Dal 24 luglio è il silenzio.
Secondo il medico legale dall'esame dei tessuti dell'arto sinistro, il piede è stato staccato con una motosega, lo proverebbero i segni di scanalature nel taglio netto. Non è chiaro se l'amputazione è avvenuta ore dopo la morte, o se è stato staccato subito dopo.
LE INDAGINI
Dietro l'omicidio di Gabriele Di Ponto potrebbe esserci uno sgarro fatto a un boss, oppure rientra nella lotta tra le bande di San Basilio. Si ipotizza anche un'altra possibilità, che l'assassino possa essere una vittima di Di Ponto, qualcuno che è stato vessato da lui e che lo ha attirato in una trappola e ucciso per vendetta.
Certo l'uomo non è stato giustiziato e fatto a pezzi dove è stato ritrovato il piede. Gli investigatori non escludono che Di Ponto sia stato ucciso forse proprio a San Basilio, e il suo corpo fatto a pezzi è stato poi gettato nell'Aniene, l'arto è rimasto in acqua 2, al massimo 3 giorni. E' probabile che l'assassino o gli assassini non volevano fare ritrovare i resti, ma c'è stato l'imprevisto, il piede si è impigliato tra i rovi e i detriti dell'argine, un pescatore lo ha visto e ha chiamato il 113. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero