Aventino, residenti fai-da-te: il nostro parco dimenticato

Aventino, residenti fai-da-te: il nostro parco dimenticato
Il Comune non fa nulla? Ci pensano i cittadini. Può sembrare una sintesi impietosa, ma per i pini monumentali dell'Aventino accade proprio questo. Gli alberi, da tempo...

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Il Comune non fa nulla? Ci pensano i cittadini. Può sembrare una sintesi impietosa, ma per i pini monumentali dell'Aventino accade proprio questo. Gli alberi, da tempo malati, sono stati curati grazie all'intervento dei privati che si sono autotassati e hanno pagato i lavori. Sotto accusa - a parte l'inerzia della pubblica amministrazione più volte sollecitata sulla questione dai cittadini - è finita la cocciniglia Toumeyella, considerata attualmente uno dei grandi pericoli per i pini di Roma. Dopo i primi focolai campani del 2014, le piante capitoline sono diventate il bersaglio da parte di questo insetto. E dalla scorsa primavera sta diventando un'emergenza fitopatologica anche per la Capitale, con numerosi focolai.

 


L'IDEA
Ed ecco l'idea, partita dall'associazione Amici dell'Aventino, un'associazione storica del Rione Ripa, che raggruppa 250 soci diretti e altre centinaia di sostenitori. Obiettivo, salvare il giardino degli Aranci, conosciuto anche come Parco Savelli, realizzato nel 1932 dal celebre architetto Raffaele de Vico come una sorta di belvedere voluto dai padri Dominicani. Perché i pini malati, oltre a rischiare di morire, stavano uccidendo anche gli aranci sottostanti piantati per celebrare l'arancio presso cui predicava S. Domenico, fondatore dell'ordine.
L'infestazione, infatti, provoca una pesante riduzione nel vigore degli alberi, provocando il deperimento delle piante, che spesso porta alla loro morte. Non solo. La grande quantità di melata (la secrezione zuccherina) prodotta dal parassita ricade anche al suolo. «Dopo inutili richieste al Campidoglio per riservare un trattamento urgente alle piante - spiega Enrico Barbieri, vice presidente dell'associazione - abbiamo deciso di fare da soli, nel nome della legalità, visto che le alberature dell'Aventino e il colle stesso soggetti a uno stretto vincolo paesaggistico». E così dopo aver ottenuto l'autorizzazione del dipartimento di Tutela Ambientale del Comune, l'associazione si è messa alla ricerca di una soluzione. Grazie a un'azienda veronese, la Gea, alla ditta Arboverde (che ha pulito gli aranci danneggiati) e all'agronoma Sara Sacerdote, esperta di verde urbano, i pini dell'Aventino avranno un futuro migliore. Come? «Con il Nuovo Metodo Corradi - spiega Francesco Zanella della Gea -, una tecnica endoterapica che permette la somministrazione di un insetticida (tipo un vaccino) nel sistema vascolare dell'albero».
Si allunga, quindi, l'elenco degli interventi dei privati per preservare l'Aventino, che da tempo si occupano anche dello sfalcio del verde pubblico. Da piazza Albina, al parco Piccioni, a largo Arrigo VII, al parco Radici. E il Campidoglio? «Poco reattivo - spiega Barbieri -, visto che questi sono abbandonati a se stessi da anni». Una spesa non da poco quella sostenuta dall'associazione che sborsa mediamente circa 12 mila euro l'anno.


I COSTI


Ma quanto costa salvare un pino con questa tecnica innovativa? «Circa 300 euro a pianta», spiega Alessandro Olivieri, presidente dell'associazione. E ancora: «Esperienze simili sono già state fatte anche da altri enti, come alcune ambasciate, tra cui a esempio i pini dell'accademia americana e il cimitero cattolico. Interventi che hanno avuto successo. Il Comune invece è partito la scorsa settimana, presso il Roseto Comunale, con un altro progetto sperimentale su circa 200 pini della capitale. Per capire quale sarà il sistema migliore bisognerà avere un po' di pazienza.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero