Per Pamela Mastropietro l'anticamera dell'inferno si è aperta sotto casa, a Piazza Re di Roma, diversi mesi prima che la 18enne romana nel gennaio del 2018 venisse...
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LE INDAGINI
Alla famiglia però non sfugge l'influsso del fidanzato con l'aria da bullo. La mamma lo denuncia al commissariato e partono le indagini. Pamela è monitorata, lui identificato. Il caso sbarca anche a piazzale Clodio, sul tavolo del pm Daniela Cento. Ma per la ragazzina di San Giovanni è tardi. È già partita la trafila del Sert e poi della comunità che la condurrà fino a Corridonia, a Macerata. Di una comunità su misura per lei, definita appunto a doppio binario, che la possa assistere a livello psicologico, psichiatrico e sotto il profilo della dipendenza. Il resto è purtroppo storia nota. Pamela si allontana e in preda all'astinenza conosce altri brutti ceffi, uno è il pusher nigeriano Innocent Oseghale, condannato poi all'ergastolo.
«La richiesta di condanna di oggi, avanzata dalla Procura di Roma, nei confronti del Nitu per tutti i fatti a lui contestati, è stato un altro passo importante verso la giustizia», ha commentato per la famiglia di Pamela l'avvocato Marco Valerio Verni, «certo, ora attendiamo la sentenza, che conosceremo alla prossima udienza, alla quale il giudice ha rinviato per eventuali repliche. Ma siamo fiduciosi. Abbiamo assistito da parte della procura a una discussione di cuore, e non solo di diritto, che a messo al centro Pamela con molta umanità». Il pm di aula Maria Teresa Gerace ha parlato della fiducia che Pamela aveva riservato nel fidanzato. Inseparabili come spesso succede a quell'età. Solo che lui fa uso di droghe e spinge anche lei. Nelle sigarette mette eroina. E Pamela ne diventa dipendente. La madre e il padre di lei tentano di farle invertire la rotta, di spingerla a lasciare quel ragazzo che si presentava di continuo sotto casa per portarla via.
Da qui liti con i familiari, fughe continue, ma anche riappacificazioni e un po' di speranza per il futuro, stroncata nell'attico di Macerata. Nitu, che si spacciava per pugile, con tatuaggi sulla nuca e sul dorso delle mani, nel settembre 2017 finisce in manette per rapina, prosegue la sua vita. Dopo l'arresto per sette rapine a ragazzini messe a segno nel luglio precedente con coltelli e minacce dalle parti di piazza Re di Roma sta scontando i domiciliari. A breve però potrebbe dover rispondere anche di aver approfittato dell'insicurezza di Pamela «affetta come precisato dai magistrati da disturbo dell'uso di sostanze stupefacenti in un contesto di disturbo borderline della personalità». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero