Palazzina crollata a Roma, il marito e padre delle vittime: «Le ho lasciate con il sorriso ora me le ritrovo sottoterra»

Palazzina crollata a Roma, il marito e padre delle vittime: «Le ho lasciate con il sorriso ora me le ritrovo sottoterra»
Due uomini soli. Chiusi in cameretta, con un dolore troppo grande, che stordisce e vuole silenzio intorno. E che iniziano a crollare. Dopo il giorno più lungo e triste,...

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Due uomini soli. Chiusi in cameretta, con un dolore troppo grande, che stordisce e vuole silenzio intorno. E che iniziano a crollare. Dopo il giorno più lungo e triste, finito quando i vigili del fuoco hanno estratto dalle macerie i corpi senza vita di Debora e della piccola Aurora, Massimiliano Ramacci e il figlio Lorenzo, sono sotto choc. «Voglio andare da Debora e Aurora. Ma perché non mi portate dalle mie donne? Portatemi da loro. Voglio vederle subito», ha detto l'uomo a chi ha cercato di confortarlo. Le speranze sono esaurite. E la realtà prende forma.


«ME LE HANNO AMMAZZATE»
«Ero andato a lavorare come tutte le mattine. Non posso pensare che le ho lasciate a casa con il sorriso e ora me le ritrovo sottoterra». Le hanno trovate vicine, sul divano del salone, la zia Silvana più distante, sbalzata verso la cucina è riuscita a salvarsi. Pochi dubbi: colpa di quelle bombole, quella casa affittata e a sua volta subaffittata dai cingalesi. «Nessuno mi ha creduto. Io lo avevo detto che tutte queste bombole erano pericolose. Ho visto rientrare i vicini quattro giorni fa con le bombole del gas. Ho detto che non potevano essere tenute dentro casa e adesso mi hanno ammazzato moglie e figlia. Cosa dovrei fare ora?».

Massimiliano l'aveva detto mentre i nervi cominciavano a crollare anche il giorno della tragedia, ai parenti che avevano affittato la casa della suocera morta da pochi mesi. «Fate che non succeda niente a mia moglie e a mia figlia, che se non escono vive io vi ammazzo, vi stermino...», parole che rendono l'idea della paura che aveva la famiglia Ramacci per quel via vai di bombole e per altre questioni patrimoniali. Due palazzine attigue, una del papà di Debora Catinari, l'altra dello zio (fratello del padre). Nella casa della mamma, che lei aveva sempre accudito, viveva un numero imprecisato di cingalesi, i vicini parlano di nove persone, perché a loro volta «avevano subaffittato un locale e si erano pure venduti la cucina della defunta».

IL CROLLO DI LORENZO
Lorenzo, 16 anni, salvato involontariamente dalla mamma che l'aveva mandato a comprare il pane, non ha fatto che ripetere «ditemi che non è vero». Chi l'ha visto con i panini in mano davanti alla casa crollata non dimenticherà quel ragazzone diventato improvvisamente bambino, «anche la voce si è trasformata, era un pianto di un piccolo», ricorda una vicina. «Voleva andare a cercarle, lo abbiamo trattenuto, poi avvertito il padre».


«Siamo una famiglia in mezzo alla strada». Nella casa dei genitori di Massimiliano, familiari e amici si affacciano in punta di piedi. «Oggi stanno peggio di ieri, distrutti». Hanno sperato fino all'ultimo. Che almeno una, restasse con loro. «Quanto ci mettono a tirarle fuori, quando finisce questo inferno?» stringeva i denti e si faceva forza Massimiliano. Ora sono soli. Lorenzo tanto fragile, dolce, così attaccato alla mamma, una roccia che lo sosteneva e alla sorella. Da poco aveva perso nonna Maria, dicono che se la guardava sempre sul telefonino. Massimiliano, gran lavoratore, erano giovanissimi quando lui e Debora si sono messi insieme. Tutto finito, casa distrutta, macerie che non si rimuoveranno con due gru, un figlio adolescente da rimettere in piedi. Due rose rosse sono state lasciate davanti a quel che resta dell'abitazione, nel giardino dei vicini dove hanno adagiato le salme coperti da teli e anche alla vista dei familiari, resta il filo per stendere i panni, una gallina che si era nascosta per lo spavento, un gatto nero. Ma la normalità è un ricordo. «Dobbiamo fare una veglia, dobbiamo fare qualcosa per questa famiglia», Massimo, il figlio del vicino, il primo a entrare in casa non ha più pace. «Non ho potuto fare niente, il pavimento crollato impediva di entrare in salone». Ci ripensa e piange.

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Il Messaggero