Ostia, lo stabilimento scippato dal clan: chiesto processo per Armando Spada

Ostia, lo stabilimento scippato dal clan: chiesto processo per Armando Spada
Per il racket delle spiagge si profila un processo bis per Armando Spada, il cugino del boss Romoletto e faccia del clan più vicina al malaffare politico di Ostia. Spada,...

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Per il racket delle spiagge si profila un processo bis per Armando Spada, il cugino del boss Romoletto e faccia del clan più vicina al malaffare politico di Ostia. Spada, ora detenuto con l'accusa di associazione mafiosa, dovrà rispondere ancora dello scippo dello stabilimento Orsa Maggiore al Cral delle Potse. Un'operazione messa a punto con una società costituita un mese prima, la Blue Dream, di cui lui sarebbe stato il socio ombra. Se per il passaggio forzoso della spiaggia attrezzata, nel febbraio 2017, Armando Spada aveva già incassato una condanna a 5 anni e 8 mesi per estorsione con l'aggravante del metodo mafioso e la mente dell'affare Aldo Papalini, ex capo dell'ufficio tecnico dell'attuale X Municipio, 8 anni e mezzo, ora si rischia di tornare in aula.


Il pm Mario Palazzi, che ha appena chiesto il rinvio a giudizio per 14 imputati e 4 società, ora punta all'accertamento dell'abuso d'ufficio in concorso, viste le determine dirgenziali firmate per far decadere la concessione balneare del Cral «al di fuori delle ipotesi previste e senza una effettiva istruttoria». Una responsabilità addebitata dal pm non solo a Papalini e al presunto boss, ma anche a Damiano Facioni, genero di Spada e amministratore della Blue Dream, Ferdinando Colloca e Matilde Magni, soci, e Carmine Appeso, sottufficiale della Marina e marito della Magni. I fatti risalgono al 2012, ma con effetti ancora attuali. Per sfilare in 48 ore l'Orsa Maggiore agli assegnatari, il capo dell'ufficio tecnico di Ostia, Papalini si era presentato col clan degli Spada al completo. Il 3 agosto aveva comunicato alla Direzione del Demanio la decadenza della concessione e il 6, l'aveva affidata alla Blue Dream. I gestori spodestati avevano paura persino di denunciare.

MANUTENZIONE STRADE

Per Papalini c'è anche un'altra accusa: mazzette per oltre 40.000 euro per pilotare appalti per la manutenzione di strade e arenili. Mentre il geometra Stefano Graziani risponde di concussione. Nella veste di direttore tecnico dell'appalto per la manutenzione straordinaria delle strade del municipio, nel 2012, avrebbe costretto (su suggerimento di Papalini) gli aggiudicatari a inserire tra i costi a rimborso anche 5mila euro, utilizzati per fissare telecamere di videosorveglianza (per un uso privato) proprio nell'ufficio dell'ingegnere. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero