C’è chi dà da mangiare agli asini e chi si occupa delle galline. Chi prepara pizze e torte rustiche con prodotti raccolti dai campi. E chi coltiva appezzamenti...
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LA STORIA - Il progetto si chiama Vita Activa ed ospita numerosi ragazzi disabili all’interno dell’agriturismo 'La Kucina', affiancati da educatori socio sanitari, psicologi, fisioterapisti e dall’associazione Anffas, composta da familiari e persone con disabilità intellettiva. L’obiettivo infatti è quello di comunicare che i ragazzi, anche se disabili, possono svolgere i compiti specifici di un buon contadino. E dimostrare, inoltre, che «i ragazzi con disabilità intellettiva, anche gravi, possono svolgere mansioni lavorative, sviluppando capacità cognitive, relazionali e sociali all’aria aperta», racconta Daniela Pierlorenzi, a capo del progetto.
LA GIORNATA NEL CAMPO - Nel 2016 sono stati oltre 19 i giovani coinvolti nell’iniziativa, alcuni con sindrome di Down, paralisi cerebrale infantile, trauma da asfissia da parto. Tutti di età compresa tra i 20 e i 54 anni. La giornata tipo per i ragazzi comincia alle 9, quando si svolge la suddivisione dei compiti: alcuni, così, si occupano della pulizia delle stalle, altri danno da mangiare agli animali e alle galline. C’è da accatastare la paglia e pulire la stalla per l’asinello dal nome Serafino. C’è da prendersi cura della scrofa e delle anatre. C’è chi coltiva un appezzamento di terra per poi raccoglierne i frutti e cucinarli. Al momento non è prevista retribuzione, ma in futuro l’idea è estendere il progetto in maniera graduale, «far entrare in pianta stabile questi ragazzi all'interno dell'agriturismo magari come camerieri, altri come aiuto cuochi, altri come addetti alla pulizia delle stalle e agli animali» racconta Stefano Galloni, direttore generale di Anffas Ostia Onlus.
LA SFIDA È LANCIATA - Ai 19 dell’anno scorso, quest’anno si affiancheranno altri 15 ragazzi, di età compresa tra i 20 e i 25 anni. La sfida, insomma, è lanciata. Molte aziende, infatti, preferiscono pagare la multa prevista dalla legge piuttosto che avere una persona con disabilità all’interno dell’organico. «Noi invece vogliamo dimostrare che è valido il contrario: che una persona con disabilità che ha un piccolo stipendio non ha bisogno di sussidi che invece possono essere utilizzati per le disabilità più gravi e totalmente invalidanti». I risultati, fino ad ora, sono stati positivi: «Anche i gestori – concludono da Anffas – hanno finalmente capito che una persona con disabilità non è solo un peso, ma può essere una risorsa». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero