Sfruttando la loro posizione lavorativa avrebbero permesso ad amici e parenti di eseguire analisi e accertamenti diagnostici in modo completamente gratuito senza rispettare le...
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L'attività investigativa del sesto Nucleo Operativo Metropolitano di Roma, coordinata dalla Procura di Roma, è scattata a novembre 2017 in seguito a una denuncia presentata nei confronti di un'infermiera del reparto di chirurgia del nosocomio di Ostia. Le indagini si sono poi estese a «macchia d'olio» a tutto l'ospedale. «In caso di rinvio a giudizio - afferma l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato - ci costituiremo parte civile e i responsabili dovranno risarcire fino all'ultimo euro. Aggirare le liste d'attesa non pagando il ticket è una pratica che offende il sistema sanitario.
Voglio ringraziare il Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma per l'attività investigativa svolta che ha sempre ricevuto la massima collaborazione dall'azienda sanitaria locale. Se fossero accertate le responsabilità ci sarà anche un tema deontologico che chiamerà in causa anche gli ordini professionali». I militari hanno proceduto a un meticoloso esame dei tabulati relativi alle prestazioni erogate e all'assunzione di testimonianze. Così hanno individuato i presunti 'arteficì e beneficiari della truffa che ammonterebbero a più di 500 persone. Per chi indaga, oltre a danneggiare il Servizio Sanitario Nazionale, sono stati lesi anche i diritti degli altri utenti che si sono prenotati in quei mesi regolarmente al Cup mettendosi regolarmente in lista d'attesa per effettuare gli esami.
A quanto accertato dalla Guardia di finanza di Roma, gli amici e i parenti si rivolgevano agli indagati che, grazie alla password personale per l'accesso al sistema informativo dell' ospedale, li inserivano in cima alla lista delle prestazioni. Poi una volta eseguito l'esame diagnostico o le analisi, gli stessi sanitari ritiravano il referto che provvedevano a consegnare al beneficiario, evitando così anche il pagamento del ticket alla Regione Lazio. A usufruire della «corsia preferenziale» - secondo gli investigatori - 523 persone. Tra i 141 indagati ci sono prevalentemente infermieri e paramedici della struttura, ma anche qualche medico. Oltre a dover rispondere all'Autorità Giudiziaria del reato di truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, gli indagati dovranno vedersela con la Corte dei Conti per danno all'Erario. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero