Ostia, Vulpiani: «I partitit non bastano, meglio resti l'esercito»

Ostia, Vulpiani: «I partitit non bastano, meglio resti l'esercito»
«Questo è un territorio devastato, i clan dominano interi quartieri. Serve uno sforzo comune di tutte le istituzioni, serve che l'Esercito resti sulle spiagge. La...

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«Questo è un territorio devastato, i clan dominano interi quartieri. Serve uno sforzo comune di tutte le istituzioni, serve che l'Esercito resti sulle spiagge. La guardia deve rimanere alta. La politica locale, da sola, non ce la fa».

A una manciata di ore dalla fine del suo mandato, cominciato 26 mesi fa dopo una sequenza di inchieste e arresti, Domenico Vulpiani, il commissario del più grande distretto amministrativo d'Italia mai sciolto per mafia, mantiene il tono prudente di chi sa che perché la missione possa dirsi compiuta c'è ancora un pezzo di strada da fare.

Prefetto, l'affluenza è stata un flop, non proprio imprevedibile dopo il primo turno. Due elettori su tre si sono voltati dall'altra parte. Che spiegazione si è dato?
«Pensare che durante il commissariamento molti che rifiutavano l'appellativo di Ostia mafiosa chiedevano di tornare al voto il prima possibile. Questo era il momento di riprendere in mano la governance della città. Se si vuole essere determinanti, bisogna andare a votare. La matita è sempre un'arma vincente. Ma ha prevalso la disaffezione».

Con questi numeri, chi vince rischia di avere un mandato debolissimo, mentre le cosche continuano a dimostrare la propria forza d'intimidazione.
«Certo, se vota uno su tre il tema della scarsa rappresentatività si pone, ma alla fine un organismo eletto democraticamente ha pieni poteri. Il discorso è un altro. Se si vuole recuperare questo territorio, bisogna fare fronte comune tra tutte le istituzioni. Qui l'Esercito deve restare sulle spiagge, anche se non è bello a vedersi. E' una necessità. Io l'ho chiesto durante l'estate, sia quest'anno che nel 2016, e la Prefettura è sempre stata disponibile. Questo sforzo deve continuare. Altrimenti...».

Altrimenti?
«Ancora oggi ci sono quartieri dove dominano i clan criminali. E non è un caso che siano proprio quelle le zone dove il degrado si fa sentire più forte. Penso alle case popolari, dove le cosche decidono chi può starci e chi no. E' chiaro che i clan non li può sconfiggere solo il povero presidente di municipio, serve uno sforzo su larga scala, con investimenti pubblici sia comunali che nazionali».

Cresce la disaffezione politica, ma cresce anche l'estrema destra, che al primo turno ha superato il 9%?
«Con il ruolo che ho, non mi faccia entrare in considerazioni politiche».

Quale è stato il momento più difficile in questi due anni da commissario?
«All'inizio. Eravamo visti come un corpo estraneo. Dalla politica, dalle parti sociali. Poi abbiamo iniziato a lavorare. Seguire la via della legalità non è facile, richiede tempi lunghi, bisogna fare le gare, i risultati non arrivano subito. Ma abbiamo fatto ruotare oltre 250 impiegati su 400. Abbiamo ridotto l'assenteismo. Questo era un territorio devastato dalle inchieste, c'erano disordini di ogni tipo. Il rischio di prepotenze c'è ancora».

Di quale risultato va più orgoglioso?
«Mi piacerebbe vedere un lungomare decente, senza le tante brutture che ci sono oggi, come le costruzioni abusive che vanno abbattute».

Quale sarà il suo ultimo atto da commissario?

«Tra poche ore pubblicheremo la riforma delle spiagge, il Piano di utilizzazione degli arenili. Le concessioni che sono in mano ai balneari da anni saranno decimate. L'obiettivo è arrivare a metà spiaggia libera. Certo, noi lasceremo un indirizzo, poi toccherà alla politica portarlo avanti. Ma è un passaggio necessario, le inchieste giudiziarie hanno svelato gli interessi criminali sulle spiagge. Anche qui, non si può tornare indietro».
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Il Messaggero