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Vasi e anfore di grande interesse storico sono stati trovati in un garage dagli agenti della polizia di Stato del X distretto Lido che hanno denunciato un italiano di 60 anni per ricettazione di beni culturali. Nel suo appartamento tra Dragona e Acilia, invece, l'uomo conservava altri importanti reperti archeologici. Un mortaio, una coppa in pietra grigia, un vaso e una vasca in pietra, una metopa rettangolare, un bassorilievo raffigurante un volto e parti di figure maschili e femminili. Tutti beni sequestrati dai poliziotti che hanno scoperto la piccola collezione dopo la richiesta di intervento da parte di una persona con cui il sessantenne stava litigando. L'uomo avrebbe giustificato la presenza di tutti quei reperti sostenendo di averli acquistati da un trafficante. Le indagini, al momento non ancora chiuse, avrebbero fatto emergere come il sessantenne sia in realtà un tombarolo, molto conosciuto nell'ambiente al punto da essere definito il re e il sacerdote delle città etrusche. Un lucumone, insomma.
Un soprannome che si sarebbe guadagnato negli anni dopo aver scavato e trovato reperti un po' in tutta Italia: dalla necropoli di Cerveteri, fino alla Tuscia, alla Sardegna e al Veneto.
Non è la prima volta che nel X municipio vengono trovati piccoli musei illegali. Solo tre mesi e mezzo fa i finanzieri del comando provinciale di Roma insieme ai berretti verdi della compagnia di Colleferro, scoprirono e sequestrarono una collezione privata di beni archeologici in un appartamento di Ostia. Erano stati tutti catalogati con precisione certosina. Alcuni, quelli ritenuti più preziosi, addirittura collocati all'interno di teche in legno e vetro per essere meglio fotografati e le immagini inserite in un catalogo dove clienti facoltosi potevano ammirarli, sceglierli e acquistarli. Oltre settemila pezzi storici e archeologici di inestimabile valore che al proprietario si fa per dire avrebbero fruttato un giro d'affari enorme. In casa le fiamme gialle trovarono fossili, anfore, vasellame e statue in terracotta e ceramica, armi, oggetti sacrali, ornamenti in oro, argento, bronzo, avorio ed osso, strumenti medico chirurgici ed oltre quattromila monete d'oro, argento e bronzo. Tutti beni databili a partire dal periodo cretaceo i fossili, il resto invece risalente al periodo compreso tra il IX secolo avanti Cristo ed il XIX dopo Cristo. Qualche giorno dopo, invece, vennero restituiti al parco archeologico di Ostia Antica nove reperti finiti a Fano nella collezione privata di un notaio. Nove epigrafi funerarie, rubate verosimilmente subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, che da settembre scorso sono tornate nell'area archeologica. I reperti vennero alla luce durante gli scavi per la costruzione dell'Eur, catalogati e inseriti in un elenco realizzato nel 1942 per l'Expo che non si tenne mai. Successivamente furono rubati e poi venduti al notaio, assolutamente ignaro della loro provenienza. A riportare a casa le epigrafi funerarie destinate alle sepolture nel territorio dell'antica Ostia, è stato il contributo determinante fornito da un'archeologa della Soprintendenza di Ancora, Pesaro e Urbino, Maria Raffaella Ciuccarelli che, con l'aiuto del professor Andrea Raggi, era stata in grado di individuare un indizio decisivo.
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