Spallanzani, morto per mononucleosi La Procura: «Poteva essere salvato»

Spallanzani, morto per mononucleosi La Procura: «Poteva essere salvato»
Iacopo ha smesso di respirare poco per volta, giorno per giorno, con la gola strozzata dai linfonodi ingrossati dalla mononucleosi. ...

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Iacopo ha smesso di respirare poco per volta, giorno per giorno, con la gola strozzata dai linfonodi ingrossati dalla mononucleosi.










Nonostante una nottata trascorsa al pronto soccorso del policlinico Gemelli e due giorni passati in un letto dell'ospedale Lazzaro Spallanzani, nessuno tra medici e infermieri si sarebbe accorto che a quel ragazzo di 26 anni che sognava di fare il giornalista, mancava l'aria. O meglio: i dottori avrebbero scelto di sottoporre il paziente ad una terapia farmacologica che, però, si sarebbe rivelata inutile. E' tra le corsie del reparto di Infettivologia dello Spallanzani che ora la Procura cerca risposte. Il pm Nadia Plastina, che indaga per omicidio colposo, sentirà nelle prossime settimane i sanitari che hanno avuto in cura il giovane deceduto lo scorso venerdì. Dovranno spiegare come mai, nonostante il respiro di Iacopo fosse visibilmente affannato, nessuno abbia deciso di intubare il degente o di praticare una tracheotomia per liberare le vie aeree e permettere la circolazione di ossigeno.



LA CARTELLA CLINICA

Eppure, il 23 agosto, la cartella clinica del ventiseienne era chiara. Sono le 13 quando Iacopo arriva al Gemelli. Ha la febbre alta, i linfonodi ingrossati e le tonsille talmente gonfie da far segnare al medico di turno che a livello della trachea lo spazio respiratorio è minimo. Al triage, la condizione del paziente viene classificata come "codice giallo". Dopo una visita di controllo i sanitari specificano che Iacopo è «affetto da forma morbosa grave, riferisce da 9 giorni febbre e linfoadenomegalie, tonsille aumentate di volume». Poi concludono: «sospetta mononucleosi». Nonostante la difficoltà nel respiro, i medici non effettuano operazioni per liberare le vie aeree. E, passata la notte, decidono di trasferire il ventiseienne allo Spallanzani, perchè al Gemelli non sono disponibili posti letto nel reparto di Terapia Infettiva. Alle 15 del 24 agosto, il giovane arriva presso il nosocomio di via Portuense. Per due giorni resta ricoverato nel reparto di Infettivologia dove, per arginare le continue crisi respiratorie, i dottori lo sottopongono a cicli farmacologici. Gli antibiotici, però, sembrano inutili. Il 26 agosto, Iacopo ha una crisi violentissima ed entra in coma. Viene trasferito in Terapia Intensiva, dove i sanitari applicano alla lettera il protocollo d'emergenza: il ragazzo viene rianimato, ma le funzioni cerebrali sono compromesse. Morirà per ipossia tre giorni più tardi.



FARE CHIAREZZA


Ora, chi indaga si domanda se il decesso di Iacopo potesse essere evitato. Saranno solo i risultati completi dell'autopsia a fare chiarezza, ma per il momento resta il sospetto di un errore medico. «Ci sono alcuni passaggi da approfondire» spiegano gli inquirenti. Non sono solo i magistrati a tentare di fare luce sulla vicenda: la Regione Lazio e lo stesso nosocomio hanno aperto un'inchiesta interna, «i tecnici regionali affiancheranno quelli dello Spallanzani nel percorso di audit clinico, già avviato, così come previsto dalle procedure del risk management» si legge in una nota. E anche i genitori del ragazzo, difesi dall'avvocato Pierfrancesco Bruno, attendono gli esiti delle attività giudiziarie per avere risposte su quella che, oggi, sembra una morte assurda. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero