Roma, l'iscrizione annuale all'Ordine degli infermieri, per il giudice «deve pagarla la Asl»

Medici e infermieri in corsia
La quota di iscrizione all’albo professionale per infermieri e tecnici sanitari in servizio nelle Asl e negli ospedali? D’ora in poi dovrà pagarla il servizio...

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La quota di iscrizione all’albo professionale per infermieri e tecnici sanitari in servizio nelle Asl e negli ospedali? D’ora in poi dovrà pagarla il servizio sanitario nazionale. È quanto afferma una sentenza del giudice Ermanno Cambria emessa la scorsa settimana nella Capitale in relazione a una causa intentata nel 2019 da 28 dipendenti della Asl Roma 3 su input della Uil Fpl. Un precedente che apre la strada alle richieste di migliaia di lavoratori della sanità pubblica nel Lazio.

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Secondo quanto stabilito dal tribunale, dal momento che gli operatori lavorano in regime di esclusività per la Asl, allora è l’ente che deve assumersi l’onere di pagare la quota professionale all’Ordine di appartenenza e nel caso specifico dei ricorrenti, rimborsare anche gli ultimi cinque anni di iscrizione. «Una sentenza storica – afferma Giuseppe Conforzi, segretario della Uil Fpl Asl 3  -. Per infermieri, tecnici sanitari e radiologi, l’iscrizione all’Ordine professionale è obbligatoria per esercitare, per cui è il datore di lavoro in via esclusiva che deve farsene carico».

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Nella sola Asl 3 le figure professionali coinvolte sono almeno 1300. «Ma si apre un fronte anche a livello regionale – aggiunge Conforzi – visto che non può esserci una sperequazione di trattamento tra dipendenti». La questione era in ballo da diverso tempo. Ma mancando un tavolo di confronto, la Uil ha deciso di portare la vicenda in giudizio. «La causa  - spiega l’avvocato Antonino Guida del Foro di Roma – è terminata brevemente, essendo documentale il giudice doveva stabilire semplicemente se accoglierla o meno. In Italia c’è solo un precedente simile discusso a Pordenone. Mentre, in passato, per una vicenda milanese il Tribunale si pronunciò contrariamente sostenendo che vi fosse comunque la possibilità per questo tipo di dipendenti di chiedere una autorizzazione a svolgere altri lavori. Una eventualità lapalissiana, visto che nella realtà dei fatti non si configura mai. Motivo per cui i ricorrenti, questa volta, prima di agire hanno inoltrato autorizzazione all’azienda sanitaria per poter svolgere lavori privati ricevendo, come ampiamente previsto, risposta negativa. Sulla base di questo il giudice ci ha dato ragione emettendo ben 4 sentenze, di fatto, per ciascun gruppo di ricorrenti».

La quota di iscrizione all’albo di categoria tra infermieri e tecnici oscilla tra le 90 e le 100 euro che ora la Regione si potrebbe trovare a dovere sborsare per ciascun dipendente. «Lo stesso principio – conclude Conforzi – è applicabile ai medici che svolgono attività esclusiva per la sanità pubblica».

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Il Messaggero