L'«abbuffata» di cocaina, prima dell'omicidio di Luca Varani, è stata voluta e non indotta da Marco Prato. Ne' si può sostenere l'incapacità di intendere e di volere. L'uso,...
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LA PREMEDITAZIONE
Il giudice, però, pur riconoscendo l'aggravante delle sevizie e dei motivi abietti, ha escluso l'aggravante della premeditazione nella mattanza del Collatino del 4 marzo 2016. Evitata, non solo perché il bersaglio era casuale, come scrive, ma anche grazie alle dichiarazioni di Marco Prato. «Solo nelle dichiarazioni di Manuel Foffo si riporta l'intento malevolo che animava i due protagonisti della vicenda durante l'uscita in macchina alla ricerca di qualcuno da uccidere o forse solo cui fare solo male». Marco Prato ha contestato questa ricostruzione, sostenendo che piuttosto, «i due erano in cerca di una marchetta' da assoldare per praticare sesso anche violento, simulando uno stupro per soddisfare le fantasie di Foffo. «E pare opportuno - , ha concluso il giudice - che questa prospettiva appare coerente con il percorso notturno fatto dalla macchina attraverso zone notoriamente frequentate da prostituzione omosessuale e con il successivo invito a Luca Varani (fatto da Prato per WhatsApp) e che pacificamente, nel racconto coincidente degli interessati, appena entrato nell'appartamento si spoglia e si presta a pratiche non ordinarie che coinvolgono sia Foffo che Prato».
«All'imputato non possono essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche», riconosce alla fine il giudice. L'imputato dopo l'omicidio con l'amico fa la doccia, sesso, due pause ricreative in altrettanti locali. «Ci si trova di fronte ad una azione criminale che per le sue modalità deve essere considerata in termini di estrema gravità e riprovevolezza, venendo in rilievo l'aggressione da parte di due soggetti, in un ambiente chiuso e senza vie di scampo, di una vittima appositamente ridotta in uno stato di incapacità attraverso la somministrazione occulta di un potente farmaco, con l'inflizione di numerosi colpi e prolungate sofferenze, cagionate anche attraverso un percorso con obiettiva caratterizzazione di sadismo».
Nemmeno la chiamata in correità di Marco Prato attenua agli occhi del giudice la posizione di Foffo: «E' intervenuta in circostanze di fatto che rendevano il coinvolgimento del complice già autoevidente e comunque trattandosi di dichiarazioni rapidamente evolute nel rendere più leggere la propria posizione». Il pm Francesco Scavo aveva chiesto una condanna per omicidio premeditato.
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Il Messaggero