Non un raptus, davanti all'ultimo rifiuto. La procura ha individuato un nuovo elemento che inchioderebbe l'assassino di Sara Di Pietrantonio all'accusa di omicidio...
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Un «diluvio» andato in scena il 28 maggio scorso. Quando Sara, 22 anni, studentessa a Roma Tre, in piena notte viene seguita dall'auto dell'ex fidanzato che con manovre repentine la costringe a interrompere la marcia lungo via della Magliana, dove nel giro di pochi minuti, verrà aggredita, alle spalle, strozzata e in fin di vita trascinata per qualche metro sul fogliame e data alle fiamme dopo essere stata cosparsa dall'alcol contenuto in una tanica. La madre della ragazza, preoccupata per il ritardo, era andata a cercarla. Lungo la strada c'era accanto all'auto in fiamme della figlia che l'aveva già spaventata, c'era ancora quel piccolo falò, spento dai primi soccorritori impietositi anche se per la ragazza non c'era più nulla da fare. Il pm Maria Gabriella Fazi aveva sollecitato una rogatoria internazionale negli Stati Uniti per scoprire chi spiava Sara. Per accertare se, come aveva lamentato la ragazza con le amiche, il fidanzato la controllasse via web, per poi pedinarla in strada, come quella notte di maggio. L'omicida, Vincenzo Paduano, fino a qualche giorno prima il suo insperabile fidanzato, ha agito con premeditazione, pianificando il delitto, ha concluso ora il magistrato.
L'AGGRAVANTE
Un'accusa che domani sarà al vaglio dell'udienza preliminare, dopo che ai primi passi dell'indagine, il giudice che aveva firmato la misura cautelare in carcere aveva escluso «allo stato», come aveva precisato, l'aggravante della premeditazione. Oltre all'omicidio premeditato il giovane, che si è trasformato in un killer per gelosia, è accusato di stalking, incendio e distruzione di cadavere. Contestazioni che potrebbero portarlo all'ergastolo. Paduano non sopportava l'idea della fine della storia d'amore con Sara. Soprattutto voleva fare «tabula rasa», come ha scritto. Il magistrato ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio dopo aver ricevuto le ultime perizie, 17.000 pagine che ricostruiscono due aspetti chiave: i contatti web tra la coppia e il liquido infiammabile usato per bruciare l'auto e il corpo della vittima. Da lì è emersa la prova che Paduano si intrufolava sul profilo whatsApp di lei per ricostruirne gli spostamenti, che la corteggiava e minacciava su facebook. E soprattutto che quella notte aveva portato una tanica di alcol e non di benzina come ipotizzato in un primo momento. Per non lasciare traccia dei suoi spostamenti, quella notte, il vigilantes, aveva lasciato il telefonino in carica al lavoro, ed era uscito a caccia di lei. A tradirlo invece è stato il gps montato sull'auto.
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Il Messaggero