Ossessionato dalla violenza, stravolto dall’uso continuo di cocaina. Dalla vita di Marco Prato emergono ogni giorno nuovi inquietanti elementi che ne delineano un carattere...
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LE BOTTE Chiama i carabinieri e li manda a cercare nell’abitazione di Marco. Il giovane è lì con lui, viene riportato a casa. Ha segni sul corpo. Prato lo ha picchiato come una furia. Parte una denuncia per lesioni personali, ma poi Claudio preferisce che le accuse non vadano avanti e le ritira. Vuole evitare conseguenze per sé e anche per l’amico. I due si conoscono da tempo, si frequentano. Dell’episodio, però, rimane traccia e ora i carabinieri e il pubblico ministero Francesco Scavo stanno decidendo quando chiamarlo a testimoniare. Inoltre le indagini stanno puntando ad accertare se altri episodi simili si siano verificati in questi anni, e sperano che qualcuno si faccia avanti per raccontarli.
Chissà in quanti hanno rischiano di trovarsi nella situazione di Luca. Nelle giornate dell’orrore sono partiti almeno venti messaggi, alla ricerca di qualcuno su cui accanirsi. Uno è arrivato persino al fratello di Manuel. È stato Prato a mandarlo dal cellulare di Foffo. «Vieni qui, c’è da divertirsi, c’è un trans», gli ha scritto. L’uomo stava dormendo con la moglie, ha chiamato al telefono e ha chiesto al fratello se fosse matto, ma non si è accorto delle condizioni in cui stava.
GLI INCONTRI Altri due amici l’hanno scampata per miracolo. È lo stesso Foffo a parlarne nel verbale di interrogatorio reso nella notte del 6 marzo. Cinque ore di confessione durante le quali ha spiegato quanto Prato fosse ossessionato dall’idea di uccidere qualcuno. «Ricordo che la sera prima che Luca venisse ammazzato - dice - è venuto a casa mia anche un amico di nome Alex che avevo conosciuto mesi fa, all’interno di una pizzeria sulla Tiburtina, quando gli ho pagato un pezzo di pizza e ci siamo scambiati il numero di telefono. L’ho registrato con il nome di Alex Tiburtina. Preciso che quando è arrivato Alex eravamo sotto l’effetto della cocaina. Quando è arrivato Luca, però, eravamo molto più provati dall’uso prolungato di droga. Aggiungo che è stato a casa anche un certo Giacomo, altro amico. Più volte abbiamo chiamato lo spacciatore che ci portava la sostanza». Giacomo e Alex dovevano morire? È il sospetto degli inquirenti che nei prossimi giorni li ascolteranno per conoscere dettagli su quella folle giornata.
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Il Messaggero