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Manuel Winston Reyes è ormai un uomo libero. Il filippino, maggiordomo, assassino di Alberica Filo Della Torre conta le ore che lo separano dalla scarcerazione. Uscirà lunedì prossimo. Dopo appena 10 anni dalla condanna, e 30 dall’uccisione della contessa, l’uomo varcherà il cancello d’uscita del penitenziario per non ritornarvi mai più. L’undici di ottobre è l’ultimo giorno barrato con la x nel calendario dell’ex detenuto Reyes. Il suo conto con la giustizia è stato saldato. Una giustizia che aveva impiegato venti anni per individuarlo quale unico responsabile dell’omicidio avvenuto il 10 luglio del 1991, nella villa all’Olgiata, zona residenziale a nord di Roma. Adesso resta, invece, una ferita indelebile nel figlio della contessa Manfredi Filo Della Torre: «Sapere che per un omicidio si scontano solo 10 anni è aberrante». «Capisco - aggiunge l’uomo - il garantismo, le tutele ma ricordo a tutti che Reyes è un assassino che non si è mai pentito per ciò che ha fatto ed è stato individuato come l’unico responsabile dopo 20 anni dall’omicidio grazie a mio padre». «È stato incastrato - spiega Filo Della Torre - solo dopo le indagini private di mio padre, non ci fosse stato lui non sarebbe mai stato scoperto. Devo dire - conclude - che provo una profonda amarezza per un sistema che non è stato in grado di individuare il colpevole e poi dare la giusta pena».
Il delitto dell'Olgiata, la vicenda
Gli inquirenti avevano seguito piste sbagliate, che coinvolgevano i servizi segreti, e non avevano investigato a fondo sulle prove acquisite. Così l’assassino che poteva essere subito individuato - come nel più classico dei gialli - nel maggiordomo carico di livore per essere stato licenziato, era uscito fuori dai radar per rientrarci, e non uscirne più, nella primavera del 2011. Un’inchiesta riaperta grazie alla tenacia del marito di Alberica Filo Della Torre, Pietro Mattei, che aveva preteso analisi più accurate del Dna.
Le piste
Entrambi vengono scagionati. Ecco allora che gli investigatori seguono le piste più suggestive, complotti, fondi neri, servizi segreti, depistaggi, conti esteri miliardari e tangenti. La verità è più semplice. Ed è dietro l’angolo. Forse nessuno avrebbe pagato per l’assassinio della contessa se suo marito, Pietro Mattei, non avesse con caparbietà spinto gli investigatori a non mollare la presa. È stato lui a far riaprire l’inchiesta nel 2007. Una macchia di sangue sul lenzuolo con il quale l’omicida aveva avvolto la donna tanti anni prima e il Rolex della contessa sporco di sangue sono le due prove che dimostrano che l’ex maggiordomo, grazie al test del dna, è l’assassino. «Mi tolgo un peso che mi portavo dietro da vent’anni» dirà Manuel Winston dopo il suo arresto. L’undici di ottobre sarà di nuovo un uomo libero.
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Il Messaggero